Figure retoriche
Allegorìa
Dal
greco allegoría ‘l'argomentare con immagini diverse’, attraverso il
latino allegoria.
Figura
retorica per mezzo della quale l'autore esprime e il lettore ravvisa un
significato riposto, diverso da quello letterale. Consiste nella sostituzione di
un intero pensiero (e dei concetti che lo compongono) mediante un altro pensiero
che si trova in rapporto di somiglianza con quello che si vuole intendere.
Esempio:
La farina del diavolo va tutta in crusca.
Antitesi
Dal
latino antithesis, che è dal greco antíthesis ‘contrapposizione’.
Figura retorica che conferisce a due immagini consecutive e spesso simmetriche
un maggior rilievo, facendo leva sulla loro più o meno accentuata
contrapposizione. È un tipo di allargamento del ragionamento o dell’idea che
consiste nella contrapposizione di due parole o di due pensieri. Serve,
normalmente, per esaltare entrambi o quello che si reputa più importante.
Esempi:
Caro con gli amici, terribile con i nemici; Mangiare per vivere, non
vivere per mangiare.
Chiasmo
Dal greco khiasmós
‘collocazione in forma di croce’, derivato dal nome della lettera greca c,
simbolo dell’incrocio.
Figura
retorica consistente nella reciproca inversione del costrutto in due membri
contigui. È una particolare forma di antitesi, che consiste nella posizione
incrociata degli elementi corrispondenti in due gruppi di parole che si
intendono contrapporre.
Esempi:
Io solo combatterò, procomberò sol io (Leopardi); Ovidio è il terzo e
l'ultimo è Lucano (Dante); Ha molte parole, ma fatti pochi.
Ipotipòsi
Dal greco hypotyposis ‘abbozzo’.
Figura
retorica consistente nella rappresentazione vigorosa, immediata, essenziale di
un oggetto o di una situazione. È un modo vivacissimo di rappresentazione della
realtà che si sta descrivendo, fatto con tanta evidenza che sembra svolgersi
sotto i nostri occhi nel medesimo momento in cui viene narrato.
Esempio:
Ecco
che entra, si toglie il cappello e storce la bocca…
Metonìmia
Dal
greco metonymía ‘scambio di nome’, composto di meta- ‘meta-’
e ónyma (variante eolica e dorica di ónoma) ‘nome’.
Figura
della retorica tradizionale, che consiste nell'usare il nome della causa per
quello dell'effetto (vivere del proprio lavoro), del contenente per il
contenuto (bere una bottiglia), della materia per l'oggetto (sguainare
il ferro), del simbolo per la cosa designata (non tradire la bandiera),
del luogo di produzione o di origine per la cosa prodotta (un fiasco di
Chianti), dell'astratto per il concreto (eludere la sorveglianza).
Consiste nell’esprimere un concetto non mediante la parola esatta, nella sua
completa estensione, ma attraverso dei particolari che abbiano con esso dei
rapporti di dipendenza non quantitativi (altrimenti si avrebbe una sineddoche).
Ossìmoro
Dal
greco oksymoron, composto di oksys ‘acuto’ e morós ‘sciocco’,
con allusione al contrasto logico.
Figura
retorica consistente nell'accostare, nella medesima locuzione, parole che
esprimono concetti contrari: lucida follia, ghiaccio bollente,
convergenze parallele, silenzio assordante.
Paradosso
Dal
greco parádokson, composto di para e dóksa
‘opinione’.
Si
tratta, in genere, di un’opinione espressa nella frase che non coincide con
quanto comunemente si pensa intorno all’idea. Viene usato allo scopo di
ottenere, con la provocazione, un effetto opposto all’opinione espressa
paradossalmente.
Esempio:
Anche tacendo, tu mi dici qualcosa.
Paranomasìa
Dal
greco paronomasía, composto di para e onomasía ‘denominazione’.
Figura
retorica, detta comunemente bistìccio o annominazione, per la quale si
accostano due parole di suono simile o uguale ma di significato differente,
specialmente per mettere in risalto l'opposizione dei significati. È una forma
particolare di ripetizione dove, nella frase, viene costruito un ‘gioco di
parole’ che nasce col mutamento della parola, spesso di una sola lettera.
Altrettanto spesso la parola è affiancata da un’altra, simile nel suono ma
con significato diverso.
Esempi:
Chi dice donna dice danno; Un orso arso nel raso rosa.
Poliptòto
Dal
greco polyptoton ‘dai molti casi’, composto di polys
‘molto’ e del tema di pípto ‘cadere’.
Figura
retorica classica, consistente nel riprendere in frasi successive di un periodo
una parola, di solito la prima, della frase iniziale, mutando il caso o il
genere o il numero.
Esempo:
Quanto abbia amato, a quanti abbia fatto del bene, di quanto si sia privato,
non è facile dire.
Preterizióne
Dal
latino tardo praeteritio -onis, derivato di praeteritus,
participio passato di praeterire ‘preterire’.
Figura retorica per cui si dà maggior rilievo a un motivo o argomento, affermando di volerlo passare sotto silenzio. È l’annuncio dell’intenzione esplicita di omettere la trattazione di un argomento, nel momento stesso in cui lo si dice. Serve ad attenuare il tono e l’effetto delle parole che potrebbero sembrare troppo forti.
Esempi: Inutile dire che Leonardo fu un genio; È superfluo descrivere la
gravità della situazione; Cesare taccio, che per ogni piaggia Fece l'erbe
sanguigne Di lor vene... (Petrarca);
Ripetizione
Dal
latino repetitio -onis, derivato di repetere ‘ripetere'.
Consiste
nel ripetere, nel corso di una frase, una stessa idea o una stessa parola, sia
identica, sia mediante dei sinonimi o attraverso più libere varianti
espressive. Serve a richiamare l’attenzione sul concetto, sviluppandolo nel
nucleo della frase.
Esempio:
Fin quando giocherai? Fin quando ti divertirai?; Cammina, cammina finì per
arrivare.
Similitudine
Dal
latino similitudo -inis, derivato di similis ‘simile’.
Figura
retorica fondata sulla somiglianza logica o fantastica di due eventi o
successioni di pensiero.
Esempio:
La pelle di quel volto assomiglia ad un petalo di rosa.
Sinèddoche
Dal
greco synekdokhé, derivato di synekdékhomai ‘comprendere più
cose insieme’.
Figura
retorica per la quale si usa figuratamente una parola di significato più ampio
o meno ampio di quella propria: per esempio, una parte per il tutto (prora o
vela per nave), il contenente per il contenuto (bere un bicchiere),
la materia per l'oggetto (ferro per spada).