Hardware
Per copiare l'intera pagina in formato ZIP (2 MB)
Per ottenere maggiori informazioni si veda anche:
http://www.cortesi.hostdns.it/
http://www.4print.org/Asp/default.asp
http://www.acszone.com/ voce hardware e links
http://www.geocities.com/Vienna/Strasse/9066/index.htm (alcune voci sono obsolete)
Le voci del glossario sono tratte da:
Autore del Dizionario Informatico: Francesco Longo
URL Dizionario Informatico: http://www.dsi.unive.it/~flongo/diz
Copyright 1997 by Francesco Longo, flongo@dsi.unive.it
Le descrizioni tecniche sono tratte dai siti delle case produttrici e di
vendita.
La scelta delle attrezzature qui descritte è dovuta ESCLUSIVAMENTE alla
necessità di indicare alcune importanti caratteristiche tecniche.
I prodotti qui illustrati non necessariamente costituiscono la migliore
scelta, né il miglior compromesso prezzo/prestazioni.
Il computer e i suoi componenti
Il processore (CPU)
BREVE STORIA DI WINDOWS:
Si veda anche: http://www.acszone.com/
voce: hardware Componenti La memoria RAM SDRAM: e' una memoria di tipo sincrono, cioe' rispetta un tipo di
sincronia con il segnale di clock
del processore. Questa
particolarita' riduce i tempi di accesso a tale memoria. • una memoria di archiviazione, che serve a registrare il sistema
operativo, i programmi ed i documenti. Questo tipo di memoria conserva
permanentemente le informazioni registrate. Sono memorie di archiviazione il
disco rigido, i dischetti, i CD-ROM... (vedi capitolo “Le unità di memoria
di massa”); La memoria di lavoro si divide in due parti:
• memoria ROM, che serve ad accendere il personal; Quando si accende un personal, si attiva la memoria ROM, che da vita al
computer e che provvede a caricare il sistema operativo dal disco rigido
(memoria di archiviazione) alla memoria RAM. Qui il sistema operativo si
installa e “prende possesso” del computer. Memoria ROM
La memoria ROM, dall’inglese Read Only Memory, è un tipo di memoria
permanente, non “volatile”, e che non può essere modificata dall’utente
del computer. Firmware e BIOS Oltre alla memoria ROM presente sulla scheda madre, un computer può avere
anche altra memoria ROM inclusa in schede specializzate inserite nei
connettori. Questo tipo di schede hanno spesso bisogno di un programma
apposito per poter svolgere le proprie funzioni. Niente di più naturale, ed
economico, che includere questo programma in una ROM che, saldata alla scheda
stessa, non corre il pericolo di danneggiarsi o di essere persa come potrebbe
accadere ad un dischetto.
Flash-ROM e Boot-ROM Memoria RAM
Oltre ai chip della memoria ROM, che è di sola lettura, esistono altri
chip di memoria. Questa volta si tratta di memoria vuota, a disposizione
dell’utente. Anzi: a disposizione del computer, il quale ha necessità, per
poter eseguire un programma ed elaborare dei documenti, di caricare in memoria
sia il programma che i documenti. Volatilità della RAM Dimensione della RAM Espansione della RAM Non tutte le memorie RAM vanno bene per tutti i computer. Chiedendo la
memoria RAM aggiuntiva al momento dell’acquisto, il venditore stesso
provvederà ad installarla e collaudarla. Effettuando l’acquisto delle SIMM
in seguito, è invece indispensabile rispettare le caratteristiche richieste
esposte nel manuale della macchina. Esistono tipi diversi di moduli di memoria
RAM e la corrispondenza con il modello richiesto deve essere perfetta. Espandere la memoria di un computer portatile è ancora più complicato. Lo
spazio all’interno è limitato e quindi le schede devono essere piccole e
sottili, mentre la costante necessità di risparmiare il consumo di energia
costringe all’uso di componenti particolari. Non è facile valutare la necessità di memoria. Di certo la quantità di
RAM va collegata da un lato al microprocessore utilizzato e dall’altro al
sistema operativo ed al tipo di programmi con i quali vogliamo lavorare. Memoria virtuale Il metodo utilizzato dai programmi di utilità per la creazione della
memoria virtuale è diverso. Invece di ricorrere subito alla registrazione su
disco rigido, il programma di utilità compatta i programmi non attivi e li
comprime nella stessa RAM. Questa operazione crea già abbastanza spazio
libero senza grosse perdite di tempo, non essendoci operazioni di
scrittura/lettura su disco. Con la memoria virtuale, quindi, possiamo caricare in memoria molti più
programmi e documenti di quanti la RAM fisica permetterebbe. L’unico
requisito è che ciascun singolo programma non superi, da solo, la capacità
della memoria fisica. Se abbiamo 8Mb di RAM espansa a 16Mb virtuali, non
possiamo caricare nessun programma che, da solo, richieda più di 8Mb.
Possiamo caricarne tre da 4Mb ciascuno, ma non uno da 9Mb.
Memoria cache
Alcuni computer sono dotati di una scheda di memoria cache. Si tratta di
uno speciale modulo di memoria RAM, quindi che si cancella ad ogni
spegnimento, ma che non è direttamente utilizzabile per caricare programmi da
eseguire come la normale RAM. Processore DMA
Il processore Direct Memory Access gestisce il flusso di dati fra la
memoria del computer ed alcune periferiche abilitate al DMA, alleggerendo il
lavoro del microprocessore. Lo scambio di dati con le periferiche è quindi più
veloce, perché ha un diretto accesso in memoria e non deve attraversare
l'architettura del microprocessore. http://www.geocities.com/Vienna/Strasse/9066/parte2/p202.htm La scheda 'madre' (motherboard) Il disco 'flessibile' (floppy disk)
Il disco 'rigido' (hard disk) La tastiera Il mouse La tavoletta grafica (digitizer) Il monitor La risoluzione nei monitor dipende dal numero di pixel
che questo riesce a visualizzare. Le risoluzioni piu' comuni sono le seguenti:
640 x 480 (pixel), 800 x 600, 1024 x 768, 1152 x 870, 1280x1024 oppure 1600 x
1200. I monitor Multisync possono visualizzare piu' risoluzioni. Poiche'
nelle alte risoluzioni le immagini, i caratteri, le icone, le windows ecc. si
rimpiccioliscono, al crescere della risoluzione e' possibile operare su un area
piu' vasta dello schermo. Di conseguenza se gli elementi visualizzati assumono
dimensioni ridotte perche' si e' optato per una risoluzione piu' alta, e'
consigliabile un monitor con dot
pitch o stripe pitch basso. I termini dot o stripe pitch indica la
distanza tra un fosforo e quello successivo dello stesso colore, espressa in
millimetri. I monitor che offrono maggior nitidezza solitamente hanno un dot
pitch sui valori di 0,25. RGB: acronimo ing. per Red, Green, Blu ossia il rosso, il
verde e il blu. Bastano solo questi tre colori "fondamentali", per
definire tutti gli altri colori sul monitor. Questo puo' succedere perche' il
mescolamento dei colori nella luce e' un processo additivo, ossia le diverse
lunghezze d'onda elettromagnetica dei tre colori vengono sommate insieme. E' interessante notare come i colori primari di un tipo di rappresentazione
corrispondano a quelli secondari dell'altra rappresentazione, ove per
rappresentazione intendiamo RGB o CYMK. I monitor creano le immagini accendendo i fosfori colorati presenti sullo
schermo. Gli elettroni, irradiati dal cannone del monitor, colpiscono i
fosfori che a loro volta emettono luce. Ogni punto (pixel)
sullo schermo e' definito da questi tre fosfori. Una panoramica sulle tecnologie CRT utilizzate per la realizzazione
dei monitor. Le nuove linee guida per i prodotti che affronteranno il mercato del
nuovo millennio. http://www.4print.org/Asp/4print051.asp La scheda grafica Lo scanner • scanner a ripresa in piano; Scanner a ripresa in piano
Scanner a rullo
Scanner a tamburo
Scanner su stativo
Scanner manuale
Caratteristiche tecniche degli scanner
• risoluzione ottica: è la risoluzione fisica dello scanner. In
genere è di 300 punti per pollice (dpi) per uno scanner a ripresa in piano e
1200 dpi per uno scanner per pellicole; Consigli per l’uso degli scanner
Riguardo alla risoluzione, è meglio che sia la più alta possibile. Sempre
parlando di risoluzione massima, perché quella reale da utilizzare durante la
ripresa deve essere decisa in dipendenza dell’immagine da digitalizzare o
del suo uso. Acquisendo immagini da inserire in pagine Internet, ad esempio,
la risoluzione deve essere di 72 dpi. I programmi di ripresa ed i driver consentono di effettuare la ripresa
dell’immagine effettuando contemporaneamente una riduzione od un
ingrandimento della stessa. Le dimensioni dell’immagine si possono
modificare in qualunque momento con i programmi di ritocco fotografico, ma
registrare sul disco una foto già ridotta sin dall’inizio è un notevole
risparmio di spazio. Inoltre, riducendo o, ancora peggio, ingrandendo dopo la
ripresa, si rischia che l’immagine venga distorta o sfocata. http://www.geocities.com/Vienna/Strasse/9066/parte2/p211.htm Il modem (modulatore/demodulatore) Modulazione e demodulazione
Il modem viene collegato da una parte alla porta seriale del computer,
dall’altra alla linea telefonica. Con un software di comunicazione il modem
è in grado di selezionare un numero telefonico, all’altro capo del quale si
trova un secondo modem, collegato da parte sua ad un computer sul quale è in
esecuzione un software di comunicazione. Mentre il flusso di dati può viaggiare fino a 230’000 bit al secondo se
i due computer sono in connessione diretta, la velocità massima permessa
dalle linee telefoniche è di 56’600 bit per secondo, ma i disturbi, le
interferenze e le difficoltà di ricezione spesso costringono ad utilizzare
velocità di 28’800 bit per secondo, a addirittura inferiori.
Protocolli
Come abbiamo visto parlando delle porte del computer, la trasmissione
seriale di dati impone la scelta del protocollo, che non riguarda solamente la
velocità, ma anche l’esistenza di codici di controllo ed il formato del
flusso dei bit. Commutata e ISDN
I modem si possono dividere in due grandi settori: quelli per linee
telefoniche commutate e quelli per linee telefoniche ISDN. Avere una linea ISDN è ovviamente molto più costoso, tuttavia ha il
vantaggio di avere due numeri telefonici del tutto indipendenti e di
consentire un minore impegno di linea (e quindi un minor consumo di scatti) se
si usa spesso il modem (di tipo ISDN) o il fax (però di tipo ISDN anch'esso).
Utilizzare una linea ISDN con un modem normale (o con un fax normale) non
porta ad alcun vantaggio complessivo.
Linee dedicate
Diverso è il discorso delle linee dedicate. Si tratta di collegamenti
telefonici permanenti, sempre attivi, che servono ad utilizzatori
"intensi" come può essere il computer centrale di una banca,
collegato su linee dedicate a tutte le agenzie sul territorio nazionale. Caratteristiche tecniche
I modem per linea commutata in commercio hanno caratteristiche comuni:
- comandi Hayes, così chiamati dalla ditta americana che li elaborati. Si
tratta di un linguaggio di comandi con il quale il computer dirige il
funzionamento del modem; Le apparecchiature più recenti presentano, oltre ad un costo più
contenuto rispetto ai vecchi modelli, ed a dimensioni più piccole, alcune
innovazioni tecnologiche:
- autoriconoscimento del protocollo: il modem è in grado di riconoscere il
protocollo usato dal modem corrispondente e di regolarsi da solo sullo stesso
protocollo; In coincidenza con il successo dei computer portatili, sono stati prodotti
un buon numero di modem portatili che alle caratteristiche tecniche più
diffuse aggiungono:
- adattabilità, grazie alla presenta di tipi diversi di connettori
telefonici, compresi i telefoni pubblici, quelli utilizzati negli alberghi e
gli apparecchi cellulari; Indipendenti ed a schede
I modem sono apparecchiature standardizzate, utilizzabili da tutti i
computer. Cambiando personal è possibile conservare lo stesso modem.
Addirittura il cambio di ambiente, da quello DOS a quello Macintosh, permette
di usare lo stesso modem con la sola sostituzione del cavetto di collegamento
a causa della diversità della porta seriale. Modem/telefax
I modem/telefax sono molto semplici nell’uso, soprattutto in fase di
trasmissione. La differenza di costo con un modem normale non è rilevante. Inoltre il
modem/telefax consente un grosso vantaggio rispetto alle apparecchiature
telefax: la trasmissione automatica. Considerazioni finali
Si utilizza il modem per collegare due computer che devono scambiarsi dati,
come fra la filiale di una ditta e la sede centrale per aggiornare il
magazzino, gli ordini, la contabilità. - Cerved, centro calcolo delle Camere di Commercio: detiene tutti i dati
sociali di tutte le società ed aziende commerciali di capitali e di persone
esistenti in Italia, compresi i bilanci, e gli organi sociali. Ha inoltre
l’elenco di tutti gli effetti bancari od assegni andati in protesto in
Italia, con nome del traente. Sono inoltre a disposizione dati sul commercio
con l’estero e sulle fiere internazionali; Oltre all’attività di consultazione di archivi di informazioni residenti
su computer lontani, il modem serve anche per collegarsi attivamente a servizi
telematici come:
- Postel, servizio di posta elettronica dell’Amministrazione Postale:
consente l’invio di lettere, circolari, fatture, effetti e telex
direttamente dal computer, garantendo una consegna a destinazione molto più
celere del servizio ordinario delle poste. Il servizio Postel, infatti, si
basa su una ventina di elaboratori nelle maggiori città italiane. Una lettera
scritta su un computer a Milano, per un destinatario a Roma, viene inviata
all’elaboratore Postel di Milano che la inoltra al suo omologo di Roma, il
quale provvede a stamparla direttamente all’interno del centro postale di
smistamento. Nell’arco di 12/24 ore la lettera è consegnata. Con un
sovrapprezzo è possibile utilizzare il servizio Postacelere per una consegna
entro 6 ore.
In campo internazionale è possibile accedere a banche dati di ogni genere,
di consultazione scientifica, finanziaria, industriale, medica, ma anche
servizi di assistenza e consulenza organizzati dalle case produttrici di
computer o dalle software house che in questo modo forniscono ai propri
clienti informazioni sempre complete ed aggiornate. Ci si può collegare alle
agenzie stampa come Associated Press o Roiter per i lanci di notizie in
diretta, o per seguire particolari avvenimenti. Anche il tempo libero ha la sua quota di comunicazione elettronica.
Numerosi servizi telematici sono gratuiti, od a basso costo, e servono allo
scambio di messaggi ed esperienze hobbistiche o personali. Vi sono poi basi di
dati con trame di film o di telefilm e soap opera, classifiche musicali o
letterarie, giochi di simulazione o scacchi in corso fra partecipanti di
vari continenti. Collegamenti a grande distanza
Spesso gli elaboratori a cui è necessario collegarsi sono distanti
parecchi chilometri e una chiamata telefonica diretta farebbe arrivare
bollette stratosferiche per i costi della teleselezione. Per fortuna esiste un
particolare servizio della SIP che consente il collegamento di computer a
costi ridotti: la rete Itapac. http://www.geocities.com/Vienna/Strasse/9066/parte2/p210.htm Il lettore CD e DVD Si veda anche: http://www.acszone.com/
voce: hardware DVD:
Lettori e Masterizzatori Il masterizzatore La stampante CARATTERISTICHE:
IMPIEGO:
tratto da: http://az.cs.unitn.it/AZ/FondamInform_1995-96/Studenti/apaties/stp.con.html
CARATTERISTICHE:
IMPIEGO:
tratto da: http://az.cs.unitn.it/AZ/FondamInform_1995-96/Studenti/apaties/stp.con.html Tra tecnologia e applicazione: alcune indicazioni per la scelta del
giusto dispositivo. Il reale costo della pagina stampata è uno dei principali punti di
discussione. I parametri per una corretta valutazione. http://www.4print.org/Asp/4print048.asp Il plotter CARATTERISTICHE:
tratto da: http://az.cs.unitn.it/AZ/FondamInform_1995-96/Studenti/apaties/stp.con.html Fotocamera digitale La fotocamere digitali
I dorsi digitali
http://www.geocities.com/Vienna/Strasse/9066/parte2/p211.htm La videocamera
In ogni personal computer vi sono due tipi di memoria:
• una memoria di lavoro, che serve per accendere il computer, per caricare
il sistema operativo e per lavorare con i programmi ed i documenti. La memoria
di lavoro è costituita da chip montati sulla scheda madre o su moduli
aggiuntivi.
• memoria RAM, che serve a lavorare.
Quando vogliamo lavorare con un programma, cioè quando lo mandiamo in
“esecuzione”, oppure quando “apriamo” un documento per modificarlo, il
sistema operativo legge dal disco rigido il programma e/o il documento e li
carica nella memoria RAM. Qui possiamo lavorare con il programma, modificare
un documento, crearne uno nuovo.
Tutto il lavoro sui documenti si svolge nella memoria RAM e deve essere
considerato provvisorio finché non venga “salvato”, cioè non si chieda
al sistema operativo di registrare il lavoro effettuato su un disco rigido o
su un’altra memoria di archiviazione.
La memoria RAM, infatti, deve essere continuamente tenuta in vita da impulsi
elettrici ed in mancanza di questi, quando il computer viene spento, perde
tutti i dati caricati. Per questo la memoria RAM viene chiamata
“volatile”: basta poco, una mancanza di elettricità, qualcuno che
inciampa nel filo della corrente, perché tutto il lavoro svolto fino a quel
momento scompaia come una scritta sulla sabbia per un colpo di vento.
La memoria ROM, invece, servendo proprio ad accendere il personal, rimane
sempre inalterata.
Quando il computer ci viene venduto possiede già una piccola dotazione di
software intallato nella memoria ROM. Software, ripetiamo, che è registrato
permanentemente e non può essere né cancellato, né modificato.
Questo software viene chiamato firmware, cioè saldo, fisso, e comprende anche
tutte le basilari istruzioni utilizzate dai programmi per avere accesso ai
diversi componenti hardware come il video, il mouse, le porte di comunicazione
ed i dischi floppy o rigidi.
Fa parte del firmware, ad esempio, il BIOS, cioè quel gruppo di istruzioni
che consente ai diversi processori di attivarsi al momento dell’accensione
del computer, di rispondere agli impulsi del clock e di effettuare un piccolo
autotest di funzionamento. Infine viene letto il sistema operativo presente
sul disco rigido e, dopo essere stato caricato nella memoria RAM, gli viene
ceduto il controllo del sistema.
La ROM è definita nella configurazione base di ciascun computer e la sua
grandezza non ha molto a che vedere con le prestazioni del personal, con la
sua velocità di elaborazione o la sua potenza. Per quanto riguarda il
firmware, esso viene installato dalla ditta costruttrice della macchina e non
è modificabile.
Anche se spesso la presenza e la quantità della memoria ROM sulla scheda
madre o sulle schede accessorie viene evidenziata nei manuali o nei depliant
dei computer, l’utente non ha alcun beneficio nel conoscerne le dimensioni o
le caratteristiche. L’attività del firmware presente nella memoria ROM è
del tutto invisibile.
Nei personal più vecchi era necessario sostituire la ROM, per sostituire il
firmaware contenuto, quando si voleva aggiungere un dispositivo hardware che
non era previsto quando era stato costruito il computer ed installato il
firmware. E’ una operazione, ad esempio, che deve fare chi voglia collegare
un disco da 3,5 pollici ad un vecchio computer con 8086, nato quando questi
non esistevano ancora e si usavano i dischi da 5 e 1/4.
Con i sistemi attuali, invece, tale funzione di compatibilità con periferiche
nuove viene svolto da porzioni del sistema operativo chiamati “driver”.
Ogni periferica nuova che si collega al computer (stampanti, unità di memoria
di massa, schede...) richiede che venga installato il proprio driver nel
sistema operativo e non necessita più modifiche alla ROM.
In alcuni personal, da scrivania o portatili, vengono inserite memorie ROM
speciali, contenenti parti del sistema operativo come firmware. Queste ROM
vengono chiamate Flash-ROM o Boot-ROM, perché consentono di avviare il
computer e di trovarsi pronti al lavoro in pochi secondi.
Essendo, però, a sola lettura, queste memorie non consentono di aggiornare il
sistema operativo, se non con la sostituzione delle ROM stesse, sempre che il
produttore abbia mantenuto quel particolare modello di personal ancora in
produzione.
In altri computer, ad esempio i notebook, nelle ROM non solo è stato inserito
il sistema operativo, ma anche alcuni programmi applicativi: un word processor,
un foglio di calcolo, un programma di agenda e appuntamenti ed uno per la
gestione di una base di dati. Ciò consente di eliminare il lettore dei
floppy, il lettore di CD-ROM e parte del disco rigido, alleggerendolo in peso
ed in costi, ma vincola per sempre a non cambiare programma ed a non poter
fare aggiornamenti.
Il lato positivo dell’avere i programmi permanenti in ROM è di poterli
richiamare in una frazione di secondo e nel poter saltare dall’uno
all’altro con un semplice tasto. In alcuni notebook è possibile spengere il
computer avendo sullo schermo un lavoro e, nel riaccenderlo, trovare lo stesso
lavoro allo stesso punto in cui l’avevamo lasciato. Inoltre, eseguire un
programma prelevandolo dalla memoria ROM comporta per il computer un dispendio
di energia molto inferiore di quello che sopporterebbe se dovesse eseguirlo da
un disco rigido.
Questa memoria viene chiamata RAM, dall’inglese Random Access Memory, cioè
“memoria ad accesso casuale”. Il che non vuol dire che il computer carica
programmi e dati “dove capita, capita”, ma sottintende una procedura molto
più complessa di quella che il nome lascia intendere.
Se diamo ad un computer il comando di eseguire un determinato programma,
questo viene letto dal disco e caricato nella memoria RAM. La proprietà
“casuale” della memoria RAM viene fuori quando inizia l’esecuzione del
programma.
Tutti i programmi sono composti da vari spezzoni, ognuno dedicato ad
un’attività diversa. Ci sarà uno spezzone per la visualizzazione su
schermo, un altro per l’elaborazione del testo, altri ancora per
l’effettuazione di calcoli o la creazione di grafici. Ogni spezzone è stato
caricato in memoria l’uno dopo l’altro senza suddivisione, ma in una parte
apposita del programma sono “dichiarate” le lunghezze dei vari spezzoni.
Quando si verifica il bisogno di uno spezzone, il computer non è costretto a
leggersi tutto il programma dall’inizio alla fine. Sapendo dove inizia il
programma e la lunghezza dei vari spezzoni, è semplice andare direttamente a
leggere nel punto giusto. Né conta se quel programma è stato registrato in
una parte od in un’altra della memoria. “Casuale”, in questo caso, è
contrapposto a “sequenziale” e vuol dire semplicemente che si può andare
a leggere una qualsiasi posizione di memoria.
Non soltanto la memoria RAM è vuota quando acquistiamo il computer, ma anche
tutte le volte che lo accendiamo. In essa, infatti, non è possibile
conservare permanentemente un programma. La RAM è “volatile”: ha bisogno
continuamente della corrente elettrica che alimenta il computer, altrimenti
perde il suo contenuto.
Del resto i programmi che utilizziamo sul nostro computer sono molti: se
ognuno di essi venisse tenuto per sempre in memoria, ben presto dovremo
iniziare ad aumentare incessantemente i chip di memoria per poter ancora
lavorare. Quindi, molto semplicemente, quando spengiamo il nostro computer,
tutto quello che è stato caricato nella memoria RAM viene cancellato.
Riguardo ai programmi, nessun problema. Essi sono registrati sul disco rigido
e, volendo di nuovo lavorare con quel programma, basta chiederne
l’esecuzione ed il sistema operativo provvede a caricarlo in memoria RAM. Il
problema sorge per i documenti. Se abbiamo creato un documento nuovo, o
modificato uno già esistente, il documento si trova ancora in memoria RAM.
Spengere il computer in questo momento provoca la cancellazione della memoria
RAM e quindi la perdita di tutto il lavoro che non abbiamo provveduto a
registrare sul disco rigido.
Lo spegnimento del computer potrebbe anche non essere volontario: il contatore
che salta, un blackout della corrente, un collega che inciampa nel cavo e
stacca la spina, sono incidenti probabilissimi che causerebbero la perdita di
tutto il lavoro in corso e non ancora registrato. E’ buona regola registrare
frequentemente su disco rigido il lavoro che si sta facendo, oppure subito
dopo operazioni importanti di modifica.
La dimensione della memoria RAM è un elemento molto importante nella
configurazione di un computer, seconda solo alle caratteristiche del
microprocessore. Più RAM abbiamo nel computer, più questo potrà lavorare
con programmi complessi ed elaborare un maggior numero di dati.
Se la memoria RAM non basta a contenere un programma, questo non può essere
eseguito. Se il programma entra nella memoria, ma il documento sul quale
vogliamo lavorare non può essere caricato nella parte libera rimasta, il
sistema operativo è costretto ad effettuare continue operazioni di
registrazione e di lettura del documento.
Il sistema operativo carica in memoria solo una parte di documento e, quando
chiediamo di andare avanti nel lavoro, la registra sul disco per poter leggere
e caricare in memoria la porzione successiva. Uguale impegno viene richiesto
da programmi particolarmente complessi che sono stati frazionati in un certo
numero di file. Il sistema operativo, di volta in volta, carica dal disco
quello richiesto. Questo tipo di frazionamento è molto diffuso, perché
facilità la compatibilità verso macchine con memoria inferiore a quella
teoricamente necessaria.
La quantità minima di memoria RAM per un computer era unanimemente
riconosciuta in 512Kb fino a quando esistevano i sistemi operativi di tipo
testo (DOS). Al di sotto di quella dimensione era difficile che qualche
programma riuscisse a funzionare.
Oggi, che si lavora con applicazioni molto più complesse, con un numero di
dati consistente, con sistemi operativi che fanno uso della grafica e del
colore, la memoria RAM richiesta inizia a salire da un minimo di 4Mb, fino a
8Mb ed a 16Mb per lavoro ordinario, spingendosi a 32Mb, 64Mb e molto oltre per
programmi che elaborino immagini o suoni.
Queste cifre (4, 8, 16, 32 e 64) fanno subito capire come la memoria RAM
spesso si aumenti raddoppiando. La RAM di un computer, infatti, la si può
aumentare ogni qual volta se ne abbia bisogno.
La quantità di memoria RAM presente nella configurazione base di un computer
viene sempre indicata dal produttore. Se non è adeguata per l’utilizzo che
se ne vuole fare, è bene chiedere l’aumento alla quantità necessaria sin
dal momento dell’acquisto della macchina.
E’ comunque possibile incrementare la quantità di memoria RAM anche in
seguito. La scheda madre possiede appositi connettori nei quali è possibile
inserire i chip aggiuntivi. La memoria RAM viene venduta in piccoli moduli,
grandi quanto una barretta di cioccolato. Si chiamano SIMM, dall’inglese
Single Inline Memory Module.
Esistono SIMM da 4, 8, 16Mb e così via. I costi di questi moduli di
espansione della RAM, grazie anche all’aumento della richiesta e della
produzione, sono calati enormemente nel corso degli ultimi anni.
Poiché i connettori presenti nella scheda madre per inserire le SIMM sono
pochi, spesso quattro, conviene affrontare la spesa una volte per tutte e
comprare più memoria di quella strettamente indispensabile, perché futuri
incrementi di RAM saranno impossibili senza dover togliere le SIMM presenti.
Se abbiamo quattro connettori occupati da quattro SIMM da 4Mb ciascuna, per un
totale di 16Mb, e vogliamo aumentare la RAM di altri 16Mb, non sarà possibile
acquistare solamente i 16Mb in più. Dovremo togliere le quattro SIMM e
buttarle in un cassetto ed acquistare quattro SIMM nuove da 8Mb ciascuna per
metterle al loro posto.
Saremmo stati più previdenti se avessimo fatto l’incremento precedente
direttamente a 32Mb, oppure se avessimo acquistato due SIMM da 8Mb.
Esistono differenze fisiche fra le varie SIMM, come la lunghezza, la
larghezza, lo spessore e il numero dei “piedini”. Esistono differenze
elettroniche, per la presenza di chip con determinate caratteristiche.
I moduli si distinguono, oltre che per la capacità, anche per la velocità.
Il manuale indicherà, ad esempio, di usare esclusivamente moduli con velocità
minima di 60 nanosecondi. La velocità è il tempo che occorre allo scambio
dei dati con il computer: più la cifra è bassa, più il traffico può essere
veloce.
Si parla di velocità minima perché una memoria RAM più veloce è
installabile al posto di una più lenta, ma non viceversa. Si può installare
un modulo di chip a 60 nanosecondi al posto di uno a 80 nanosecondi, ma non il
contrario.
Il numero di connettori interni per contenere le SIMM è ridotto, spesso uno
solo, mentre il costo delle SIMM per portatili è di sicuro maggiore rispetto
alle SIMM normali. Ed inoltre bisogna fare ancor più attenzione alla
corrispondenza delle caratteristiche.
Un personal con 80486 e Windows 3.11 funziona perfettamente con 2Mb di memoria
RAM, quando ha in esecuzione semplici programmi di videoscrittura. La quantità
minima necessaria passa a 4Mb se si vuole utilizzare un foglio di calcolo ed a
8Mb se si tratta di realizzare il bollettino aziendale od un volantino
pubblicitario.
Un personal con processore Pentium e Windows 95, con il quale vogliamo
lavorare in videoscrittura richiede almeno 8Mb, per passare a 16Mb per
utilizzare anche un foglio di calcolo.
In un computer la RAM non è mai abbastanza e, situazione finanziaria
permettendo, è sempre meglio abbondare che mancare. E’ opportuno consultare
prima il manuale e le caratteristiche tecniche del software che dovremo
utilizzare e considerare che spesso ci troveremo nella situazione di lavorare
contemporaneamente con più programmi.
Le prestazioni: capacità e velocità
Non bisogna confondere la “capacità” di un computer con la sua “velocità”.
La quantità di memoria RAM presente determina la sua capacità, cioè la
quantità di dati che può elaborare, e non la sua velocità.
Una espansione della RAM ci può consentire, ad esempio, di lavorare con più
software contemporaneamente (un foglio di calcolo ed un word processor) perché
espande la capacità del computer. La velocità ne è influenzata solo
indirettamente: avendo i due software già caricati è possibile passare
dall’uno all’altro in un istante senza dover attendere la chiusura del
primo ed il caricamento del secondo. La velocità di lavoro nel singolo
software, invece, non è minimamente incrementata.
Avendo una RAM già abbastanza capace di contenere più software con i
relativi documenti, espandere ulteriormente la RAM non aumenta la velocità
del computer in nessun modo.
La velocità di un computer è determinata dal clock, cioè dalla frequenza
del processore. Nelle ultime generazioni di computer è possibile sostituire
il processore con uno delle stesso tipo (Pentium con Pentium) ma più velode
(da 133 MHz a 200 MHz, ad esempio).
Dovendo utilizzare più di un programma contemporaneamente, può darsi che la
somma della memoria RAM richiesta dai programmi superi la capacità della
memoria RAM installata. In questo caso è possibile simulare la presenza di
una quantità superiore, anche doppia o tripla, di RAM. Questa memoria
“inesistente” viene chiamata “memoria virtuale”.
Per la creazione della memoria virtuale ci si può servire del sistema
operativo (Windows ‘9x e Macintosh 7.x) o di appositi programmi d’utilità.
Il metodo di creazione della memoria virtuale è, nei due casi, diverso.
Il sistema operativo utilizza principalmente il disco rigido. Quando abbiamo
uno o più programmi in memoria RAM e ne vogliamo caricare un altro, e la
somma della memoria richiesta dai programmi supererebbe la RAM fisicamente
disponibile, il sistema operativo registra su disco rigido i programmi non
attivi (compresi gli eventuali documenti aperti con quei programmi) e
quant’altro sia possibile scaricare temporaneamente dalla RAM, per lasciare
posto al nuovo programma. Quando chiederemo di tornare a lavorare con uno dei
programmi precedenti, il sistema operativo scaricherà su disco il programma
diventato inattivo (compresi i documenti aperti) e caricherà nella RAM il
programma richiesto.
Con questo metodo possiamo utilizzare più RAM di quella fisicamente presente
nel personal. Dovremo però pagare due pedaggi: meno spazio disponibile su
disco e velocità ridotta di lavoro.
Sul disco rigido, infatti, viene creato un file invisibile di sistema pari
alla dimensione complessiva della memoria virtuale. Se abbiamo installato RAM
per 8Mb e, grazie alla memoria virtuale, vogliamo fingere di averne 16Mb, il
sistema operativo deve creare un file di 16Mb su disco, riducendo lo spazio a
disposizione per registrare documenti e software. D’altra parte, tutte le
volte che passeremo da un programma all’altro fra quelli mandati in
esecuzione, dovremo aspettare che il sistema operativo scarichi dalla RAM il
programma non più attivo e carichi il programma al quale abbiamo chiesto di
passare.
I programmi, inoltre, occupano sempre meno spazio di quello che richiedono. Un
programma che chiede 4Mb di RAM, ad esempio, in effetti ne occupa anche la
sola metà, in situazione di inattività. L’utilità, da una parte
comprimendo il programma, dall’altra recuperando lo spazio non utilizzato,
riesce a “ricavare” abbastanza memoria da ospitare altri programmi.
Solamente a questo punto, se lo spazio ancora non basta, ricorre alla
registrazione su disco. Si tratta, però, della registrazione di dati
compattati, e quindi le operazioni di scrittura/lettura sono molto più veloci
di quelle richieste dal sistema operativo.
Il file creato dal programma di utilità è a grandezza dinamica, cioè non
occupa uno spazio su disco pari al totale della memoria virtuale, bensì
occupa uno spazio variabile a seconda della necessità.
Abbiamo visto come il sistema operativo si incarichi di leggere dal disco i
vari file in cui è frazionato un programma o, ad esempio, le varie parti di
un grosso database. Se è presente una scheda di memoria cache, il sistema
operativo carica i file letti dal disco sia nella memoria RAM che nella
memoria cache.
Ad una nuova richiesta di caricamento di un file, il sistema operativo esamina
il contenuto della scheda cache e solo se non vi trova il file richiesto ne
effettua la lettura da disco. Se quella frazione di programma o documento era
stata recentemente utilizzata, è già presente nella cache e quindi il
sistema operativo ne effettua il caricamento senza alcuna lettura da disco.
Essendo il caricamento da memoria cache di gran lunga più veloce di quello da
disco, ne deriva la conseguenza che la presenza di una scheda di memoria cache
velocizza le operazioni.
In alternativa, è possibile creare una memoria cache virtuale tramite
appositi programmi di utilità. In questo caso la memoria cache virtuale usa
parte della normale RAM.
Solitamente l'hard disk viene indicato anche con i seguenti termini: memoria
di massa, memoria secondaria, disco fisso.
Vediamo come si ottengono i colori nei monitor e similmente nei display LCD:
Tutti i monitor funzionano essenzialmente sfruttando le stesse impiegate per i
comuni televisori. L’immagine sullo schermo viene costruita mediante un «pennello»
elettronico che, spazzolando la superficie interna del vetro, eccita i fosfori
che la ricoprono. I fosfori - rossi, verdi e blu disposti alternatamente secondo
lo schema RGB - reagiscono a questa sollecitazione elettronica illuminandosi. Il
fascio elettronico, (il raggio catodico) viene prodotto da un cannone posto sul
fondo del tubo. La prima, fondamentale differenza tra le varie tecnologie è
proprio il cannone elettronico.
Fosforo e immagini
Il CRT Trinitron è un tipo di CRT a colori in cui il fosforo è riportato sulla
superficie interna del tubo lungo strisce verticali (anziché, in punti, come
nei CRT a colori standard). Il pennello elettronico passa attraverso un griglia
di apertura anziché, attraverso una maschera I monitor basati su CRT Trinitron
hanno immagini più brillanti, contrasto più netto e messa a fuoco migliore
rispetto ai monitor CRT standard, in quanto la griglia di apertura non ostacola
il passaggio della luce come maschera e il pannello di elettroni può essere il
meglio controllato. I CRT FlatScreen hanno una superficie con raggio di
curvatura più elevato, apparendo così più piatti rispetto alla maggior parte
dei CRT tradizionale. Il CRT di tipo FS riduce il riverbero e i riflessi e
aumenta la superficie disponibile per l’immagine. Adottata per in esclusiva da
un solo produttore, la tecnologia CromaClear combina diverse caratteristiche
degli altri tipi di schermi CRT. I sistemi che si basano su questa soluzione,
hanno un passo orizzontale di 0,255 mm, il mask pitch di 0,25 mm e grazie al
focus dinamico consentono la correzione sui punti dello schermo evitando la
distorsione ellittica.
Il fattore «maschera»
Un’altra differenza fondamentale è data dal tipo di maschera, posta dietro lo
strato dei fosfori. La maschera dei monitor Trinitron è detta Aperture Grille
ed è composta principalmente da una cornice metallica vuota sui cui i bordi
sono tesi in posizione verticale dei filamenti esternamente sottili; poichÈ
questi filamenti sono separati l’uno dall’altro da una distanza minima (0,26
mm per gli schermi a 17 pollici), vengono applicati altri due filamenti
orizzontali che mantengono il perfetto allineamento verticale della griglia.
La schermata dei monitor convenzionali è denominata Shadow Mask ed è formata
da una sottilissima superficie metallica ricoperta da minuscoli fori posti a
distanza molto ravvicinata.
In entrambi i casi parlando di distanze minime, ma, comunque, nei monitor
Trinitron, la distanza tra un filamento e l’altro è tale da lasciar passare i
tre raggi, così come, nei monitor convenzionali e in quelli a schermo piatto,
il diametro di un foro e sufficientemente largo da permettere il passaggio del
fascio RGB.
Quando il monitor è acceso, la maschera può raggiungere i 60 gradi centigradi.
Questo calore provoca un’espansione nel metallo che la compone, di conseguenza
la maschera subisce delle distorsioni che influenzano negativamente la purezza
dei colori: è questo il motivo principale per cui, nei monitor tradizionali, la
maschera ha una forma convessa; questa forma infatti attenua l’effetto di «doming»
provocato dall’espansione termica. I nuovi monitor «flat» montano delle
maschere fatte di Invar, un materiale a bassa espansione termica, che
praticamente non subisce modifiche al variare della temperatura e che, quindi,
ha permesso un migliore controllo della purezza del colore e l’abbandono della
tradizionale forma convessa. Nei monitor Trinitron, invece, questo effetto di
doming non si verifica perchÈ i filamenti della griglia di apertura sono in
tensione tra le due sbarrette orizzontali e la cornice di supporto.
D’altra parte le due strisce orizzontali sono leggermente visibili e questo, a
distanze ravvicinate o su sfondi chiari, può provocare un po’ di fastidio.
Abbiamo già visto che, nei monitor tradizionali e a schermo piatto, i fosfori
sono dei puntini rotondi disposti a trifoglio», ogni triade è composta da un
fosforo rosso, uno blu e uno verde. Nei monitor Trinitron, invece, i fosfori
sono delle strisce continue verticali.Quando bisogna riprodurre sullo schermo
delle linee sottili, come nelle applicazioni CAD, questo secondo sistema risulta
molto più preciso, le linee infatti sono realmente continue, mentre nei monitor
Shadow Mask le linee sottili vengono visualizzate con un tipico effetto «a onda»,
causato dalla disposizione dei fosfori e dalla forma della maschera.
Questo effetto può essere ridotto diminuendo la distanza tra i fori sulla
maschera, ma non può essere completamente rimosso.
Il fascio di raggi catodici dal cannone elettronico può subire delle piccole
deviazioni causate dai campi magnetici esterni ed in particolar modo da quello
terrestre. Il tubo Trinitron è particolarmente sensibile al Nord e al Sud
magnetici, sensibilità che può influire sulla convergenza statica
dell’immagine.
Questo inconveniente, nel caso dovesse verificarsi, può essere ovviato da una
regolazione «fine» dopo l’installazione del monitor stesso.
Al contrario i monitor convenzionali e a schermo piatto non soffrono di questa
sensibilità, causata nei Trinitron dalle caratteristiche di costruzione
dell’unico cannone a tre raggi.
E’ più restrittiva delle normative precedenti quella emessa dall’ente
Swedish Confederation of Professional Employees e pubblicata lo scorso luglio.
L’introduzione del TCO ‘99 è mirata a incrementare la qualità e le
performance di personal computer, portatili e unità dispaly, sia Crt sia Flat,
con l’estensione a tastiere e unità di sistema. Le innovazioni introdotte dal
TCO ‘99 sono riassumibili nelle «quattro E»: Ecologia, Ergonomia, Energia ed
Emissioni. Le regole prendono in considerazione il rapporto tra utente macchina
nel rispetto delle regole di qualità.
I 4 punti del TCO ‘99
Parametri più restrittivi sono applicati all’ergonomia che comprende
richieste più restrittive per la luminescenza, l’uniformità dell’immagine,
il contrasto, il flickering e il riflesso. Sono inoltre introdotti limiti per
l’emissione di rumore. La norma prende in considerazione anche il design delle
tastiere.
Per quanto riguarda il consumo di energia, è previsto un livello di consumo in
stand by più basso, con una velocità di riavvio di tre secondi. I valori delle
emissioni rimangono uguali a quelli previsti da TCO ‘95, ma le misurazioni
saranno condotte in maniera più restrittiva. I criteri ecologici di prodotto
sono sostanzialmente gli stessi, è previsto l’uso da parte della società
produttrice di materiali a basso impatto ambientale e una collaborazione più
stretta con i fornitori di parti elettroniche e con le società che si occupano
di riciclaggio.
Alcuni suggerimenti
- Collegate sempre il vostro monitor a una presa a terra. Se usate una presa a 2
poli senza messa a terra, il campo elettrico a bassa frequenza può essere fino
a 10 volte più intenso.
- Fate in modo che il monitor appena acquistato resti acceso per alcuni giorni
in un ambiente ventilato prima di usarlo. Questo farà in modo che le sostanze
chimiche provenienti dal processo produttivo, vengano smaltite. Dopo una
settimana circa, esse si saranno ridotte del 10 % rispetto alla quantità
iniziale.
- Ricordate che la qualità dell’immagine dipende anche dal sistema grafico
del vostro Pc, il quale determina sia la risoluzione che la frequenza di refresh.
Per ottenere un’immagine che non lampeggi (flicker-free) è necessario che la
frequenza di refresh sia almeno di 80 Hz o maggiore. Una scheda grafica di buona
qualità fornisce un’immagine nitida.
- Con l’invecchiamento del monitor, si può notare una riduzione della
luminosità e anche il fuoco può deteriorarsi. Un buon monitor dura almeno 5
anni. Ogni anno è consigliato un controllo da parte di un tecnico.
Molto spesso è utile introdurre informazioni grafiche nel computer, come
digitalizzare una fotografia, un grafico od un testo.
Questo compito è svolto da una apparecchiatura chiamata scanner. Le foto ed i
disegni ripresi dallo scanner, convertiti in dati digitali e registrati su
disco, possono essere stampati, rielaborati e modificati a piacere.
Esistono programmi per il ritocco fotografico e per il disegno, attraverso i
quali è possibile importare l’immagine digitalizzata con lo scanner ed
effettuarne tutte le modifiche necessarie. La potenza di questi programmi
consente di alterare le fotografie e di produrne di completamente false, così
come di inserire frammenti di queste nei disegni e viceversa. Si può tagliare
un’immagine, ingrandirla o ridurla, ribaltarla, ruotarla, correggere
l’esposizione, correggere la mesa a fuoco, correggere il contrasto o la
luminosità, sostituire i colori o produrre particolari effetti di rilievo,
sfaccettatura, vento, mosaico...
Lo scanner ha largo impiego nel campo della grafica computerizzata, alla quale
serve anche come modello di “ricalco” o come base per realizzare
illustrazioni, marchi o logotipi. Nel campo dell’editoria, sia aziendale che
commerciale, e della pubblicità, lo scanner serve per inserire direttamente
le foto nei bozzetti, evitando costose e lente lavorazioni presso laboratori
specializzati.
Lo scanner è anche utili con un particolare tipo di applicazione, chiamato
riconoscimento ottico di caratteri (OCR), che prevede l’interpretazione di
normali fogli dattiloscritti ricavandone il testo scritto, così come se fosse
stato digitato direttamente sul computer, con percentuali di errori minime in
caso di originali di buona qualità. Questa applicazione è particolarmente
utile per evitare la ribattitura di testi già esistenti stampati o
dattiloscritti, che basta “passare” nello scanner.
I programmi di riconoscimento ottico dei caratteri sono però molto sensibili
alla qualità degli originali. Testi in fotocopia sbiadita oppure con stampa
difettosa, vengono interpretati con moltissimi errori, tanti da renderne
inutile l’interpretazione.
Una delle ultime novità tecnologiche sono le fotocamere digitali. Queste
macchine fotografiche, esternamente identiche a quelle tradizionali,
effettuano direttamente la digitalizzazione dell’immagine senza bisogno del
passaggio su carta fotografica, perché poi l’immagine, trasferita via cavo
al computer, possa avere tutte le elaborazioni possibili nei programmi di
ritocco fotografico di cui si è parlato più sopra.
Gli scanner
Dal punto di vista meccanico, gli scanner si possono dividere in:
• scanner a rullo;
• scanner a tamburo;
• scanner per pellicola;
• scanner su stativo;
• scanner manuali.
Uno scanner a ripresa in piano è costituito, in pratica, dalla parte
superiore di una fotocopiatrice. I fogli vengono poggiati su un ripiano in
vetro, al di sotto del quale scorre una forte luce, uno specchio ed un
obiettivo. All’inizio della ripresa il gruppo ottico, formato da luce,
specchio ed obiettivo, si sposta effettuando una ripresa di tutto il foglio.
Il ripiano, con il foglio, rimane fermo.
A differenza della fotocopiatrice, le immagini non vengono inviate ad un rullo
di stampa, ma al computer attraverso la porta seriale. Un programma trasforma
i segnali in immagini digitalizzate, che vengono registrate sul disco. Questo
software è il programma “pilota” dello scanner e quasi mai consente di
modificare le immagini se non per la luminosità, il contrasto, il taglio
della ripresa ed il bilanciamento dei colori.
Molti scanner a ripresa in piano hanno la possibilità di montare uno speciale
coperchio per la ripresa dei film fotografici, diapositive o negativi, che
contiene una forte fonte di luce. La qualità della ripresa è inferiore a
quella ottenuta con gli scanner per pellicola
Alcuni hanno anche la possibilità di montare al posto del coperchio, un
meccanismo di trascinamento con il quale è possibile scannerizzare una serie
di fotografie o fogli singoli.
Questo è il tipo di scanner più diffuso. Inizialmente aveva una qualità
inferiore di quelli a tamburo, adesso non ha nulla da invidiare agli scanner
professionali, né in risoluzione, né in fedeltà, né in velocità.
E’ possibile acquisire immagini anche da pagine di libri, oggetti piccoli
come biglietti da visita, ritagli irregolari, fogli sottili (se ci sono
problemi di trasparenza, cioè si intravede anche l’immagine presente sul
retro del foglio scannerizzato, è meglio frapporre un foglio nero fra
coperchio e foglio) e persino piccoli oggetti come orologi, penne, una mano...
l’unica precauzione è quella di tenere sempre il vetro accuratamente
pulito.
Lo scanner a trascinamento è privo del ripiano in vetro. Le fotografie od i
fogli passano attraverso un apposito inseritore e vengono trascinate sopra al
gruppo di ripresa, uscendo dalla parte opposta della macchina.
E’ più adatto per la scansione di fogli che di fotografie, in quanto
queste, con la superficie lucide e su carta fotografica rigida, spesso
scivolano e si incastrano nel meccanismo di trascinamento. Stesso discorso per
fogli troppo sottili, che si inceppano o si rompono.
Un altro problema di questi scanner è che non accettano ritagli di fogli od
oggetti di piccole dimensioni (come biglietti da visita) e che non è
possibile riprodurre immagini da libri.
Sono diffusi soprattutto come scanner economico per l’acquisizione di
documenti (lettere) a fogli singoli sia per l’archiviazione digitale che per
l’OCR. Sono più economici degli scanner a ripresa in piano, in quanto non
hanno il complesso sistema di spostamento del gruppo ottico.
ALcuni modelli permettono di staccare il gruppo ottico, che così può essere
utilizzato, come fosse uno scanner manuale, per leggere originali più grandi
o per acquisire da pagine di libro.
Lo scanner a tamburo è composto, invece, da un gruppo ottico fisso e da un
cilindro, o tamburo, sul quale si fissa la fotografia. Chiuso lo scanner, il
tamburo inizia a ruotare velocemente facendo passare la fotografia sul gruppo
ottico.
Per la loro fedeltà, risoluzione e velocità, sono sempre stati utilizzati
nei laboratori professionali di fotocromia. Sono, infatti, gli eredi dei
giganteschi scanner specializzati utilizzati dai fotocromisti per le selezioni
da stampa.
Fra i tipi di scanner, sono i più costosi. Ormai sono stati soppiantati dagli
scanner a ripresa in piano.
Scanner per pellicola
Lo scanner per pellicola può digitalizzare esclusivamente fotografie su
diapositive o negativi fotografici, di vari formati. La luce illumina il film
da un verso, mentre dalla parte opposta un obiettivo ne riprende l’immagine.
Non accetta, ovviamente, supporti opachi come fogli di carta.
Nonostante alcuni scanner a ripresa in piano siano dotati di un coperchio per
i film, gli scanner per pellicola sono sempre indispensabili per ricavare
riproduzioni di qualità. Essendo apparecchiature più precise, più complesse
e meno diffuse, sono anche più costose.
Lo scanner su stativo presenta un ripiano sul quale vengono poste le
fotografie, fissate ad appositi rifermi per impedire che si muovano. Di lato
sono presenti due o quattro forti lampade, mentre dall’alto, ad una altezza
modificabile, un obiettivo riprende l’immagine.
Lo scanner su stativo ha invece la possibilità di effettuare direttamente
delle vere e proprie fotografie, potendo poggiare sul ripiano oggetti di
qualsiasi dimensione. D’altra parte la digitalizzazione di fotografie o
fogli singoli presenta difficoltà: l’originale si può spostare, si può
incurvare, è soggetto al deposito di sporchi e polvere che verrebbero ripresi
con la foto compromettendone l’immagine.
Le macchine fotografiche digitali li hanno completamente sostituiti.
Lo scanner manuale ha un gruppo di ripresa molto contenuto, di larghezza
limitata, in una impugnatura che è facilmente spostabile sulla fotografia,
dall’alto verso il basso. Mentre si trascina lo scanner sulla foto, il
gruppo di ripresa passa davanti all’immagine.
Lo scanner manuale è senz’altro il modello più economico. Il piccolo
gruppo di ripresa, una diecina di centimetri, costringe però a passare più
volte sulla stessa foto se questa ha una larghezza maggiore dello scanner. Ne
conseguono alcuni problemi per “sincronizzare” le diverse porzioni
dell’immagine affinché non ci si accorga che è stata scannerizzata “a
pezzi”.
Questo tipo di scanner ha avuto un momento di popolarità quando i prezzi
degli scanner a ripresa in piano erano proibitivi, soprattutto quelli a
colori. Questi apparecchi rappresentavano una alternativa “casalinga”, per
chi avesse poche pretese di qualità o pochi soldi da spendere. Ades so che i
prezzi si sono abbassati, il loro mercato si è ristretto.
Fino a pochi anni fa, gli scanner erano lentissimi, molto costosi, capaci di
riprendere solamente in bianco e nero (al massimo 256 tonalità di grigio).
L’uso era complesso e, per immagini da pubblicare su giornali o riviste, era
sempre meglio ricorrere ai laboratori di fotocromia. In pratica si potevano
utilizzare solamente per riprendere testo o immagini grafiche semplici e
monocromatiche.
Gli scanner a colori erano ancora più costosi e lenti. Davano buoni risultati
solamente con immagini in bianco e nero e pessimi con quelle a colori. Un uso
professionale era impensabile.
In pochi anni gli scanner sono diventati un’apparecchiatura dalle
prestazioni prima inimmaginabili. A prezzi del tutto abbordabili.
Le caratteristiche tecniche principali sono:
• risoluzione in output: l’immagine ripresa otticamente viene
elaborata (interpolazione) dal software di ripresa e la risoluzione viene
incrementata fino a 1200, 2400, 4800 dpi ed oltre;
• colore: capacità di riconoscere le diverse sfumature di colore, o
meglio, i diversi colori. Un buon scanner dovrebbe riconoscere 16,7 milioni di
colori (sensibilità maggiore di quella dell’occhio umano) con 24 bit per
pixel. Gli scanner professionali per fotolito arrivano a riconoscere oltre un
miliardo di colori a 36 bit per pixel. Con immagini in bianco e nero sono
sufficienti 256 livelli di grigio con 8 bit per pixel;
• velocità: è espressa in millisecondi (msec) per linea;
• elaborazione dell’immagine: deve essere possibile modificare il
valore gamma (è la misura del contrasto che determina i mezzitoni di
un’immagine), la correzione del colore a seconda del tipo di monitor su cui
si visualizza l’immagine o della stampante di destinazione, la nitidezza, il
contrasto e la luminosità;
• interfaccia: dovrebbe essere presente sia l’interfaccia RS-232
che quella SCSI;
• formato: è il formato standard dei fogli o delle pellicole che è
possibile acquisire. Per i fogli, la maggioranza degli scanner è di formato
A4 (21x29,7 cm), mentre alcuni scanner professionali sono più grandi ed
arrivano al formato A3 (29,7x42). Per le pellicole il formato più comune è
il 35 mm (24x36 mm) in striscia mentre i formati professionali devono
prevedere un apposito telaietto;
• area di lettura: rappresenta le dimensioni massime dell’area che
è possibile acquisire, che spesso non coincide con il formato;
• driver: deve essere presente un dischetto con i driver per tutti i
sistemi operativi (DOS, Windows, Windows ‘95/97/98, Windows NT, Maintosh).
Gli scanner migliori hanno un driver di tipo TWAIN, il che consente di
effettuare l’acquisizione dell’immagine direttamente dal programma di
grafica, di OCR, di DTP, di trasmissione fax, di elaborazione fotografica o di
archiviazione dei documenti, senza la necessità di usare il software
specializzato;
• software: deve essere fornito almeno un programma specializzato di
acquisizione, oltre ad eventuali programmi (in versione di prova) per
l’elaborazione fotografica o l’OCR;
• affidabilità: è la durata teorica dello scanner, almeno 100 mila
scannerizzazioni negli scanner a ripresa in piano e almeno qualche diecina di
migliaia in quelli per pellicola.
Il processo di acquisizione avviene in due tempi.
Prima si effettua un’anteprima dell’immagine, a bassa risoluzione e quindi
veloce. Il software specializzato o il driver TWAIN mostrano una riduzione
dell’immagine, sulla quale si può intervenire per effettuare tagli
dell’immagine (cioè riprese parziali, se parti dell’immagine non
interessano) rettangolari o sagomati. Inoltre si può modificare il gamma,
correggere il colore, modificare contrasto e luminosità. Dopo aver scelto la
risoluzione desiderata e la quantità di colori (non sempre è necessario
utilizzare i valori massimi) e la proporzione dell’acquisizione (riducendo o
ingrandendo l’immagine), si da il via all’acquisizione vera e propria.
In questo secondo passaggio, più lento, il gruppo ottico effettua la
scannerizzazione dell’immagine con i parametri scelti. L’immagine
digitalizzata è quindi registrata sul disco rigido oppure inserita nel
programma TWAIN.
Nel caso di una fotografia, nella quale il soggetto è rappresentato da un
notevole numero di colori, la risoluzione è meno importante del numero di
colori o di grigi a disposizione. Anche se lo scanner ha una risoluzione
massima di 1200 punti per pollice, la fotografia può essere ripresa con una
risoluzione di 300 punti per pollice purché venga utilizzata l’intera gamma
dei colori o dei grigi a disposizione.
Nell’immagine fotografica è difficilmente distinguibile una
digitalizzazione a 300 punti da una a 600 punti. L’immagine è formata da
sfumature di colore, non da punti
Al contrario, in un disegno al tratto nel quale siano usate poche
sfumature di colore e prevalgano i segni precisi dei contorni e delle linee,
il numero di colori può essere abbassato, mentre deve essere utilizzata la
risoluzione massima per ottenere la massima precisione nelle linee. Questa
tendenza si esaspera nella ripresa di un disegno tecnico in solo bianco e
nero, nel quale il colore può essere ridotto ad uno solo.
La risoluzione da usare nella ripresa deve anche essere collegata al tipo di
stampa che se ne vuole trarre alla fine della elaborazione. Se l’immagine
dovrà essere semplicemente visualizzata sullo schermo del monitor, la
risoluzione deve essere di 72 dpi, cioé quella dei monitor. Se invece la
figura deve essere stampata, è meglio che la risoluzione sia uguale a quella
della stampante.
E’ inutile digitalizzare a 600 punti per pollice una fotografia che sarà
stampata con una risoluzione di 300 punti per pollice. Per riprendere una foto
a 600 punti invece che a 300, lo scanner impiega il doppio del tempo e
richiede una quantità enormemente maggiore di spazio sul disco.
All’atto dell’acquisizione, il programma di ripresa da la possibilità di
registrare l’immagine secondo diversi formati grafici. A questo punto è
necessario conoscere quali di questi formati sono compatibili con il programma
di grafica, DTP o di ritocco che intendiamo utilizzare.
I formati più utilizzati sono: TIFF per le immagini fotografiche (a meno che
non debbano essere scontornate) ed EPS per le immagini grafiche, illustrazioni
o fotografie da scontornare. Questi formati sono riconosciuti da tutti i
software grafici, DTP o di ritocco. Le immagini da inserire su pagine Internet
vanno invece registrate nei formati GIF o JPEG.
Il modem è una apparecchiatura che serve per mettere in contatto due computer
distanti fra di loro, tramite la linea telefonica analogica o digitale.
La parola modem deriva da una sintesi dei termini “modulatore” e
“demodulatore” ed esprime il suo funzionamento con le linee telefoniche
analogiche, per le quali è nato. Queste linee sono adatte alla trasmissione
di suoni, non di impulsi digitali.
I bit, quindi, non possono transitare così come sono, ma devono essere prima
trasformati in suoni, o meglio in “fischi” modulati. Questa è la prima
funzione del modem: ricevere i bit dal computer e trasmetterli come suoni.
La seconda funzione del modem è di compiere il procedimento inverso:
trasformare i suoni modulati, che arrivano dalla linea telefonica, in bit da
inviare al computer.
Con questa “traduzione simultanea” due computer possono scambiarsi dati
(bit) trasmettendosi “fischi”. E’ lo stesso procedimento utilizzato dai
fax, ed a tutti è capitato di comporre un numero telefonico e di sentirsi
rispondere da una serie di fischi acuti: è la “voce” di un fax che
risponde al telefono.
Utilizzando la stessa procedura di modulazione/demodulazione, modem e fax
possono quindi essere integrati in una stessa apparecchiatura, il modem/fax.
Il flusso di bit dei dati del primo computer esce dalla porta seriale ed
arriva al modem. Qui il circuito di modulazione provvedere a trasformare i bit
in frequenze sonore che possono essere inviate lungo le linee telefoniche.
Il secondo modem riceve le frequenze sonore e, con un circuito di
demodulazione, le trasforma in bit, inviandone il flusso alla porta seriale
del computer cui è collegato.
Con questo semplice passaggio, di modulazione di frequenze sonore alla
partenza e di demodulazione all’arrivo, è possibile connettere due computer
come se fossero a pochi centimetri di distanza. L’unica differenza sta nella
velocità di comunicazione.
Poiché la trasmissione di dati molto spesso coinvolge nazioni diverse, i
protocolli utilizzabili sono stati definiti da un organismo internazionale, il
Comitato Consultivo Internazionale per la Telegrafia e Telefonia. Il CCITT ha
stabilito numerosi standard, ed a questi si sono uniformati tutti i
costruttori di modem.
Negli Stati Uniti si usano standard diversi per la trasmissione dati, definiti
Bell, dalla ditta che li ha elaborati.
Ovviamente i due modem corrispondenti ai due capi della linea telefonica,
devono essere preimpostati con lo stesso protocollo, altrimenti la
trasmissione è impossibile.
Le linee telefoniche commutate sono le normali linee telefoniche. La
comunicazione si effettua tramite la selezione di un numero telefonico e l’instradamento
attraverso vari centraline su linee utilizzate contemporaneamente anche da
altri utenti per diverse collegamenti.
Le linee ISDN sono installazioni particolari con le quali il collegamento fra
i due punti, pur utilizzando spesso, almeno in parte, le normali attrezzature
telefoniche, è elaborato con particolari tecnologie che permettono una
trasmissione senza alcun errore e più veloce.
La differenza è sostanziale. Nel caso della linea commutata i due computer
lavorano isolati per la gran parte del loro tempo, salvo effettuare una
telefonata quando è necessario uno scambio di dati. La linea è però
soggetta a disturbi derivati dall’instradamento e dalla condivisione della
linea. Nel caso della linea ISDN scambio di dati è assente da disturbi.
Nell’uno e nell’altro dei casi è necessario un modem a ciascun capo della
linea, ma i modem per linea commutata sono del tutto diversi da quelli per
linea ISDN.
I dati devono risiedere nell’elaboratore centrale per poterne consentire
l’accesso da parte di qualunque agenzia si rechi il correntista per
incassare un assegno. D’altra parte è necessario che qualsiasi operazione
effettuata in una filiale venga immediatamente registrata nell’elaboratore
centrale perché le altre filiali, richiedendo la situazione del cliente per
l’incasso di un altro assegno, possano avere quella reale e non quella del
giorno prima.
Se ciò non avvenisse con una comunicazione continua e grazie ad una linea
dedicata, un cliente potrebbe prelevare più denaro di quanto ne abbia sul
conto, presentandosi in filiali diverse in momenti di poco successivi o con
complici in altre città.
Questo tipo di collegamento, con costi ingenti per la linea e per
apparecchiature modem dal prezzo elevato, è appannaggio quasi esclusivo di
grandi aziende. Inoltre si tratta del collegamento fra elaboratori di grandi o
medie dimensioni, raramente di personal computer.
- velocità massima secondo le nostre esigenze: 300, 1’200, 2’400,
4’800, 9’600, 12'200, 28'800, 36'600 baud (bit per secondo) ed oltre;
- protocolli: CCITT se si vuole comunicare esclusivamente con paesi europei,
Bell se anche con gli Stati Uniti;
- correzione d’errore: MNP4, che consente la ricezione dei dati esattamente
come sono stati trasmessi, eliminando ogni possibile bit modificato da
interferenze (non è presente nei modem più economici);
- compressione: MNP5, che invia i bit codificandoli in modo che lo scambio
effettivo di dati sia più veloce della velocità tecnica del collegamento
(non è presente nei modem più economici).
- capacità telefax: la tecnica di trasmissione dei telefax non è molto
distante da quella dei modem. Basta un piccolo circuito in più ed il modem è
in grado di trasmettere e ricevere telefax, collegandosi con le tradizionali
apparecchiature telefax.
- autoalimentazione, che ne permette l’uso in situazioni particolari.
Ciò è un grande risparmio, senza dubbio, ma il modem indipendente occupa
spazio sulla scrivania, va acceso e spento, ha bisogno di un alimentatore
adattatore di corrente a parte. Alcuni utenti trovano più conveniente
utilizzare i modem cosiddetti interni, i cui componenti sono stati assemblati
su una scheda da inserire in uno slot all’interno del computer.
Si ha il vantaggio di non dover accendere né spengere il modem, perché la
scheda si alimenta direttamente dal computer. Non c’è neanche bisogno del
trasformatore adattatore esterno.
L’altra faccia della medaglia è che, cambiando personal, non c’è la
garanzia che la scheda modem funzioni anche nel nuovo computer, rischiando di
dover ripetere l’acquisto.
Dopo aver elaborato il nostro documento su schermo come al solito, lo inviamo
in stampa al modem. In questo caso il modem/telefax finge, rispetto al
computer, di essere una stampante. Il testo, invece di essere stampato, viene
trasformato in frequenze sonore, simili a quelle utilizzate per la
trasmissione dati ma usando protocolli diversi. Inviato ad una apparecchiatura
telefax attraverso la linea telefonica, il fax risulta totalmente identico a
quello che sarebbe arrivato se il documento fosse stato stampato su carta e
quindi trasmesso con un telefax normale.
La ricezione non è molto diversa, salvo che in questo caso il modem demodula
le frequenze sonore emesse dall’apparecchiatura telefax e le trasforma in un
documento grafico. Purtroppo non è ancora possibile la trasformazione del
telefax in semplice testo, non solo leggibile ma anche elaborabile. Il fax
arrivato è invece una vera e propria fotografia, occupando anche un rilevante
spazio sul disco per la sua registrazione.
La gran parte dei modem/telefax prevede solo la trasmissione dei fax e non la
ricezione.
Grazie al software di gestione del modem si può inviare un fax a destinatari
multipli e ad orari differiti. Questo consente un notevole risparmio sia di
tempo che di costi.
Non è più necessario passare le ore all’apparecchiatura telefax per
inviare alcune diecine di fax, perché il modem/fax effettua l’operazione
autonomamente. Se trova un numero occupato od un fax staccato, continua a
provare ad intervalli prestabiliti. Alla fine notifica all’utente i fax
inviati e quelli che non è stato possibile inoltrare.
Poiché le tariffe teleselettive sono inferiori durante la notte, è un grande
vantaggio lasciare che il modem/telefax effettui le sue operazioni dopo le ore
22. E’ sufficiente mettere in lista di spedizione per quell’ora i diversi
fax da trasmettere, ed il mattino successivo troveremo sullo schermo la solita
lista dei fax inoltrati e di quelli che non è stato possibile spedire.
Oppure ci si collega ad un elaboratore di grandi dimensioni, per ricevere ed
utilizzare dati in suo possesso. Fra gli esempi più diffusi di elaboratori
cui si può accedere via modem per ricavare informazioni:
- Poligrafico dello Stato: rende disponibili i testi originali delle Leggi
dello stato e di tutti i decreti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale;
- Seat, società editrice delle Pagine Gialle Telefoniche: con l’equivalente
elettronico delle Pagine Gialle,;
- Ansa: l’intero archivio storico di tutte le notizie trasmesse ai giornali.
Esistono servizi telematici professionali, grazie ai quali una categoria di
esperti può scambiarsi notizie ed opinioni partecipando ad una continua
conferenza a livello mondiale. Indipendentemente dalla località nella quale
abitano o lavorano, ingegneri, medici, giornalisti, avvocati, ricercatori, ma
anche presentatori di varietà, skipper, piloti aeronautici o pompieri,
possono collegarsi con il loro computer e partecipare pubblicamente, oppure
inviarsi messaggi personali.
E’ possibile effettuare acquisti, via computer, presso le più grandi catene
di grandi magazzini statunitensi o presso piccoli artigiani delle Hawai.
Ottenere una dieta bilanciata o consigli sul controllo delle nascite, su come
smettere di fumare o di bere alcoolici.
Si possono comprare o vendere oggetti usati, biciclette, macchine
fotografiche, e qualsiasi altra cosa, fra privati. O trovare suggerimenti
sull’allevamento di pesci da acquario.
Non c’è limite alla quantità di informazioni alle quali si può accedere.
Utilizzando Itapac, collegarsi con l’elaboratore Cerved, che si trova a
Padova, non richiede la teleselezione da Milano. Si può trasmettere i dati al
centro Itapac di Milano, che si mette in contatto su una linea speciale con il
centro Itapac di Padova, il quale ci consente il collegamento con il Cerved.
Questo passaggio è totalmente trasparente per il transito dei dati, una volta
stabilito il contatto. Anzi, poiché si utilizza la linea telefonica solo in
piccola parte, e la linea utilizzata da Itapac è dedicata alla sola
trasmissione dati, il flusso dei bit subirà minori interferenze di un
collegamento telefonico diretto. Ciò fa risparmiare in modo consistente non
solo sull’ordinaria telefonata in teleselezione, ma anche
sull’installazione di una linea dedicata quando questa non sarebbe
utilizzata in continuazione.
Un disco DVD può contenere un intero film con video di altissima qualità
(formato MPEG2) e audio stereofonico in più lingue differenti. Se usato come
supporto dati ha una capacità variabile da 4.7 a 17 GB, l'equivalente di circa
27 CD-ROM. La variabilità dipende dal fatto che un DVD è registrabile su
entrambe le facce. Inoltre, su ogni faccia sono presenti due livelli (strati)
registrabili separatamente, il primo dei quali semitrasparente. La capacità
massima si raggiunge quando sono utilizzati tutti e quattro gli strati
registrabili.
Segnala la definizione con cui lavora una macchina stampante.
Tutte le stampanti, con diversi sistemi, generano caratteri o disegni
utilizzando tanti piccolissimi punti messi assieme. Tali micro punti
possono essere colorati (di diverse sfumature), oppure possono assumere
le diverse gradazioni del grigio (se la stampante e' in B/N).Prorpio per
le considerazioni fatte sopra, possiamo dire che il DPI puo' essere
utilizzato come un buon termine di confronto nella valutazione di due
stampanti; infatti quella con DPI maggiore sara' la piu'
"pregiata", cioe' la piu' precisa, quella con maggior
definizione dei caratteri.
Ecco perche' a volte sono chiamate anche termiche
Per questo possono essere una valida alternativa alle stampanti laser,
naturalmente nei confronti di queste ultime perdono un po' in prestazioni,
soprattutto per quanto riguarda l'aspetto velocita' di stampa e nella
definizione (specialmente nell'uso del colore).
a seconda del tipo di macchina avremo allora un'unica cartuccia con toner
nero, oppure 4 cartucce (una per il nero; una per il giallo e le altre per
il rosso e il blu).
Nel caso stampino in B/N possono superare anche le 100 tonalita' di
sfumature di grigio, creando effetti particolari nella stampa di immagini.
La congruenza tra prestazioni e il tipo di applicazioni per cui una stampante è
utilizzata è un fattore fondamentale per l’ottenimento delle migliori
prestazioni. Velocità e risoluzione sono parametri importanti, ma non sempre
rappresentano valori assoluti, vanno infatti presi in considerazione in base
alle specifiche esigenze dell’utente. Conoscere le tecnologie è quindi utile
per orientarsi nella scelta della stampante giusta e adatta alle proprie
necessità. Le tecnologie di stampa sono suddivise in due macrogruppi con
funzionalità e prestazioni completamente diverse tra loro: la stampa a impatto,
dove avviene un «impatto» o contatto fisico tra la testina di stampa e il
foglio e la stampa non a impatto (laser, ink-jet e trasferimento termico), che
non prevedono appunto alcun impatto per l’impressione dell’immagine sul
foglio.
Stampa a impatto
La stampa a impatto è la tecnologia più vecchia e sfrutta l’energia
meccanica attraverso una battuta che permette il trasferimento dell’inchiostro
da nastro alla carta. Il metodo di stampa può essere seriale (viene impresso su
carta un carattere per volta) o parallelo (una riga di caratteri). La testina di
stampa può essere costituita da elementi che riportano in rilievo i singoli
caratteri da stampare e che permettono di comporre l’intero carattere con una
singola battuta (è il caso del martelletto, della margherita o della pallina),
o da una matrice di aghi che permette di comporre (a punti) l’intero carattere
da stampare. Nel primo caso la qualità di stampa inferiore va a vantaggio della
velocità e della possibilità di grafica.
La qualità del carattere o della grafica è funzione del numero di aghi. Nelle
impact una notevole importanza per una buona qualità di stampa è assunta dal
tipo di inchiostro con cui viene impregnato il tessuto di cui il nastro è
costruito.
Stampa non a impatto
Alle tecnologie di stampa non ad impatto va sicuramente il merito dato del nuovo
impulso al mercato printer degli ultimi anni. Le stampanti basate su questa
tecnologia hanno conquistato il mercato grazie all’affermarsi ed al
perfezionarsi di un mix di tecnologie che vanno dalla meccanica, alla chimica,
all’ottica.
Le tecnologie di stampa non impact si suddividono, in funzione delle modalità
con cui viene impresso su carta il testo/grafico desiderato, in: getto di
inchiostro, laser, led, trasferimento termico, sublimazione, getto di cera. In
alcuni casi assume rilevante importanza, per la stampa e la qualità della
stessa, il tipo di «carta» utilizzato.
Getto d’inchiostro
La stampa a getto di inchiostro, o ink-jet, è una tecnologia di stampa a punti,
senza impatto, che utilizza un dispositivo che, sottoposto a sollecitazioni
elettriche, spruzza inchiostro sulla carta costruendo per punti il carattere,
secondo una matrice prestabilita.
Il dispositivo di stampa (testina) è costituito da un sistema di microugelli da
cui fuoriesce l’inchiostro che va depositato sulla carta. Esistono due
categorie definite ink-jet Continuos (stampa a flusso continuo) e ink-jet on
demand (stampa a goccia, che comprende la tecnologia getto a bolle ed il sistema
piezoelettrico).
Nella stampa a flusso continuo la testina di stampa dirige continuamente le
goccioline d’inchiostro verso la carta, ed il getto viene mantenuto da una
apposita pompa. E’ un sistema relativamente semplice dal punto di vista
meccanico, ma estremamente complesso e costoso dal punto di vista elettronico.
La stampa a goccia è invece caratterizzata da una emissione discontinua
dell’inchiostro attraverso gli ugelli, che viene spruzzato solo quando è
necessaria una goccia sulla pagina. Questo tipo di tecnologia è quella che ha
trovato vasta applicazione nel settore della stampa per ufficio, sia
monocromatica che a colori.
Stampa laser o led
Le stampanti non a impatto di pagina laser o led sono nate sfruttando, con
opportuni adattamenti, il processo elettrostatico, già ampiamente utilizzato
nelle fotocopiatrici. Questa tecnologia sfrutta le proprietà di alcuni
materiali (detti fotoconduttori) di comportarsi in modo elettricamente diverso
se al buio o se esposti alla luce.
In particolare, il fotoconduttore opportunamente caricato elettrostaticamente
viene esposto alla luce in maniera selettiva, permettendo così la formazione di
un’immagine (elettrica) della figura (o testo) da stampare. A questo punto
viene applicato un toner secco che si incolla alle zone cariche del
fotoconduttore per essere poi trasferito sulla carta, dove viene fissato
attraverso un processo di fusione mediante calore, pressione od entrambi.
Nella tecnologia laser la proiezione sul fotoconduttore dell’immagine da
riprodurre avviene attraverso le scansioni modulari del raggio laser, mentre
nella tecnologia led esiste una matrice di diodi che possono essere
selettivamente attivati creando così l’immagine da proiettare sul tamburo.
Le possibilità del colore
Tutte le tecnologie illustrate prevedono modelli in grado di produrre copie a
colori. Le stampanti del tipo a matrice di punti sono dispositivi a basso costo,
che utilizzano essenzialmente un nastro a colori su una normale stampante
monocromatica. La qualità dei colori ottenibili è scarsa, la stampa su lucidi
non risulta soddisfacente e la risoluzione è limitata dalle dimensioni degli
aghi, che non possono raggiungere dimensioni di molto inferiori a quelle
attualmente impiegate. Per contro hanno un costo di acquisto e di esercizio
veramente limitato.
La stampa a getto di inchiostro ha portato il colore ad alti livelli di
successo. Questa tecnologia si basa sull’utilizzo di più testine uguali (per
il principio di funzionamento) a quelle utilizzate nella stampa monocromatica,
ciascuna delle quali alimentata da inchiostri dei colori fondamentali (funzione
del tipo di stampa in tricromia o quadricromia). I getti di inchiostro di
recente realizzazione utilizzano riscaldatori incorporati, proprio per ridurre i
tempi di asciugatura e migliorare la qualità dei risultati, evitando sbavature
e risultati non ottimali su lucidi e carta speciale.
La stampa laser a colori utilizza principi analoghi a quella monocromatica,
tranne che il processo di impressione del materiale fotoconduttore viene
ripetuto quattro volte (una per ciascun colore fondamentale ed una per il nero).
Alla fine l’immagine viene fusa e stampata su carta. Il processo laser a
colori è di fatto un processo che permette una stampa di qualità a colori
anche su carta semplice, ma che trova oggi la sua naturale collocazione in
stampanti dall’elevata potenza operativa, adatte quindi per attività di
documentazione commerciale, fotocopie a colori, e non per uso personale.
Il metodo di stampa a trasferimento termico è una tecnologia affidabile ed
economicamente conveniente, essendo in grado di garantire colori di eccellente
qualità. Il rullo di trasferimento termico è suddiviso in fogli consecutivi in
formato pagina costituiti da pigmenti di cera.
Questi pannelli sono fogli completi di ciascun colore fondamentale (ciano,
magenta e giallo, oltre al nero, se richiesto). La carta passa sotto la testina
una volta per ciascun colore fondamentale, oltre ad un passaggio optional per il
nero vero e proprio. Gli altri colori sono creati mediante tecniche di dithering.
Per un mondo «desktop»
Alcuni esempi classici di utilizzo dei sistemi di stampa possono chiarire le
funzionalità delle tecnologie citate. Per un tabultato a uso interno di
un’azienda sarà necessaria una qualità inferiore rispetto a quella di una
lettera commerciale o per attività di desktop publishing. Nel primo caso, può
essere utilizzata una stampante a impatto che non offre possibilità di
elaborazioni grafiche, ma ha un basso costo di acquisto e di gestione, oltre
alla possibilità di stampare in multicopia i documenti che lo richiedono. Nel
secondo, la scelta può cadere su una printer ink-jet, per ambienti SoHo o
consumer, i cui vantaggi principali sono un buon rapporto costo/qualità,
un’ottima capacità di elaborazione del colore e della grafica (fino a
raggiungere la qualità fotografica) o su una laser, in realtà lavorative di
dimensioni maggiori dove la qualità di stampa è rappresentativa
dell’immagine dell’azienda, oppure dove è richiesto l’uso condiviso della
stampante per volumi decisamente più elevati. Nel terzo caso una laser a colori
o su una stampante a trasferimento termico potranno soddisfare le esigenze degli
utenti nella realizzazione di bozzetti e prove colore, velocemente e a costi
contenuti.
Per un uso condiviso
Se si tratta di affrontare il problema della stampa a livello aziendale, di
gruppi di lavoro, dipartimentale o di reparto, si dovrà definire sul terreno
organizzativo quali funzioni di stampa vadano gestite al singolo posto di lavoro
con stampanti individuali, per le quali valgono le stesse considerazioni fatte
per gli utenti individuali, e quali vadano invece centralizzate.
Per queste ultime, dove i volumi sono sensibilmente più elevati si sceglieranno
sistemi di stampa laser con buone capacità di collegameto in rete, che offrano
una garanzia di qualità elevata e ottime prestazioni di tipo grafico. Se il
colore è un elemento fondamentale il laser o le stampanti termiche saranno la
scelta giusta.
Un discorso a parte nel settore della stampa aziendale, è necessario per la
stampa di quei documenti che richiedono la produzione multicopia, richiesta
dalla legislazione fiscale italiana, per esempio in ambito fiscale o contabile,
in questo caso la scelta cadrà inevitabilmente su una stampante a impatto,
l’unica tecnologia in grado di garantire questa possibilità.
Il numero di stampanti vendute in un anno è ormai prossimo a due milioni, con
modelli destinati alle più diverse fasce di utenza. Il volume di carta stampata
è anch'esso in crescita e si è sempre più lontani dal concetto di paperless
office, emerso nel momento in cui i sistemi digitali hanno preso sempre più
spazio nella gestione organizzativa della documentazione di impresa, ufficio,
casa, ma ormai abbandonato.
Il colore, con tutte le sue peculiarità di acceleratore dei processi di
percezione del messaggio sulla pagina stampata, è oggi disponibile per tutti,
anche tramite prodotti tipicamente entry level (con costi di poche centinaia di
migliaia di lire).
Più si sono ampliati i settori di utenza del printing (in particolare la fascia
home), più si è passati, per le stampanti, da usi tipicamente professionali a
usi che includono attività ludiche e di hobby, più si è assistito ad una
crescita di interesse nel conoscere i 'costi' della pagina stampata. Effetto che
si sta riproponendo anche nel mondo office, dato che l'offerta di stampanti
sempre più veloci facilita la stampa di originali multipli direttamente su un
singolo sistema. Il costo per pagina diventa quindi un elemento economico di
particolare rilevanza durante il ciclo di vita del prodotto, alla luce del fatto
che per alcune tipologie di stampanti il costo dell'hardware rappresenta ormai
una quota percentuale molto ridotta del costo complessivo dell'apparecchiatura
nel suo ciclo di vita.
Tco e costo pagina
Per fare le corrette valutazioni e confronti è necessario prima di tutto
conoscere quali sono gli elementi che si vogliono o debbono considerare per
calcolare il 'costo' di ogni pagina prodotta dalla propria stampante. Sono
infatti molte le voci che possono essere considerate, ma alcune di queste devono
essere inserite nella voce più ampia che rappresenta il costo di esercizio
della stampante, e non nel costo di stampa di una singola pagina.
Il costo di acquisto della stampante, il costo di eventuali contratti di
manutenzione, il costo derivante dal consumo energetico della stampante durante
il funzionamento, sono conteggiati, in questa analisi, separatamente rispetto ai
costi dei cosiddetti materiali di consumo, necessari a trasferire su carta
quanto elaborato su computer.
Consumabili e ricambi
Ulteriore attenzione va fatta (e qui è necessaria una distinzione fra
tecnologie) nel considerare in maniera opportuna gli elementi che vengono
‘usati’ durante le fasi di stampa. A seconda dell’engine della stampante
possono esservi parti che, pur avendo la stessa funzione nel processo di stampa,
sono realizzati e si usurano in maniera differente, e vanno così considerati
come vero e proprio materiale di consumo o come parte di ricambio gestita a
volte anche nell’ambito degli stessi contratti di assistenza e manutenzione.
Nella tabella qui a lato sono riportate le diverse modalità con cui possono
essere classificati gli elementi di stampa.
Copertura della pagina
Una volta identificati gli elementi che vanno considerati nel calcolo del Costo
Pagina (e cioè i materiali di consumo), occorre conoscere il prezzo di questi
elementi e conoscere (dai dati del costruttore) la loro durata in termini di
numeri pagine stampabili.
é importante a questo punto ricordare che quest’ultimo numero è normalmente
dato per una percentuale di copertura del 5%, e quindi il calcolo è fattibile
per pagine con questa copertura.
Nel caso di stampa di pagine con copertura maggiore, il costo calcolato va
moltiplicato per il coefficiente di maggiorazione della copertura.
Nel caso di stampe a colori va considerato che vengono utilizzati
contemporaneamente inchiostri o toner dei quattro colori fondamentali, quindi
nel calcolo dei costi questo rappresenta un fattore moltiplicativo che dipende
dalla modalità di gestione dei consumabili nella stampante.
IMPIEGO:
Ad esempio tracciano prima le linee verticali e poi quelle orizzontali.
Questi sono dei plotter a spruzzo anziche' a pennino.Tale tecnologia
consente un notevole risparmio di tempo, in quanto la stampa del disegno
avviene con un'unica "passata"; si evitano inoltre errori ed
imprecisioni nel disegno dovuti al trascinamento del foglio.
Per chi lavora con le immagini, le macchine fotografiche digitali sono
l’ideale complemento, o forse alternativa, agli scanner. Del tutto
esternamente identiche (anche nelle dimensioni) alle normali macchine
fotografiche di tipo “compatto”, all’interno non hanno un rullino di
pellicola, ma una scheda di memoria RAM, una flash RAM, nella quale vengono
registrate le immagini.
Le fotocamere digitali sono, in genere, completamente automatiche, cioè in
grado di determinare il tempo di esposizione e la messa a fuoco senza nessun
intervento o taratura. L’inquadratura avviene con un mirino di tipo ottico,
come quello delle macchine fotografiche compatte, non reflex.
La ripresa è effettuata da un obiettivo ottico/digitale: la luce che entra
attraverso la lente viene convertita in pixel da un dispositivo di tipo CCD (Charge
Coupled Device). L’obiettivo è di solito ad ottica fissa, cioè non è
possibile sostituirlo con un teleobiettivo o con un grandangolo, e solo
raramente ha una limitata capacità di zoom.
Dal mirino ottico non è possibile rivedere le fotografie scattate. Per questo
scopo alcuni modelli hanno come accessorio un piccolo monitor LCD, un visore
da 2 pollici o meno, agganciabile alla macchina. Con questo è possibile
vedere le fotografie scattate (singolarmente o in miniatura), e cancellare
quelle che eventualmente non vanno bene così da poter liberare spazio sulla
flash RAM per altre immagini.
Con il visore LCD montato, è anche possibile effettuare l’inquadratura
ottenendo l’immagine digitale direttamente dal sensore CCD, evitando così
errori di parallasse e consentendo anche riprese macro, trasformando la
macchina in una reflex.
La flash RAM contenuta nella fotocamera ha spazio per un numero limitato di
immagini. A seconda della dotazione di serie (vi sono macchine con flash RAM
di 2 o di 4 Mb), si possono acquisire da 11 a 64 fotografie ad alta
risoluzione (640 x 480 pixel) e da 23 a 192 a media risoluzione (320 x 240
pixel), con 16,7 milioni di colori. Una volta esaurito lo spazio sulla scheda,
è necessario cancellare le immagini per poterne scattare altre.
La fotocamera deve essere collegata ad un personal computer tramite un cavo
seriale RS-232 (oppure RS-422 per Macintosh) per trasferire le immagini sul
disco rigido, tramite un apposito programma o tramite un driver TWAIN ed un
programma di elaborazione fotografica. La flash RAM, cancellata, è pronta per
acquisire altre immagini.
Appositi software in dotazione alla fotocamera consentono di gestire un vero
archivio fotografico per catalogare le immagini cronologicamente o per
soggetto. Le immagini possono essere inserite in programmi di DTP o essere
modificate come le immagini acquisite dallo scanner, con tagli, modifiche di
contrasto e luminosità, messa a fuoco, trucchi e montaggi fotografici.
Nella gran parte delle fotocamere digitali, la memoria di serie della
fotocamera può essere espansa con moduli da 2, da 4, da 6 Mb ed oltre per
consentire di acquisire una maggiore quantità di immagini. I moduli di
espansione sono “dedicati” e non sono intercambiabili fa i diversi modelli
di fotocamera.
Il visore LCD opzionale consente, oltre a rivedere ed eventualmente cancellare
le fotografie “sul campo”, anche di effettuare riprese macro fino a 20
centimetri di distanza.
Non è possibile scattare foto in rapida successione, in quanto la fotocamera
impiega in media 6 secondi per elaborare una foto in alta risoluzione e 2
secondi per quelle in media risoluzione.
Per avere dei riferimenti paragonabili alla fotografia tradizionale,
l’obbiettivo è equivalente ad un 40/43 mm ottico con un diaframma da F8 a
F2,8, con esposizione da 1/30 a 1/10.000 di secondo, sensibilità da 100 a 130
ASA, e con un fuoco da 60 cm all’infinito (20 cm con il visore LCD). Alcune
macchine hanno uno zoom 3x.
Diverso discorso è quello dei dorsi digitali di cui possono essere dotate
alcune macchine fotografiche professionali a dorso intercambiabile. Queste
sono fotocamere molto costose, ed altrettanto costosi sono i dorsi digitali
che si installano al posto del tradizionale dorso contenente la pellicola e
l’otturatore.
Il dorso contiene esclusivamente il sensore digitale di ripresa e la memoria
flash RAM. Il mirino è nel corpo macchina, mentre gli obiettivi sono i
tradizionali obiettivi ottici intercambiabili. In questo tipo di macchina
“assemblata” ottico/digitale, il fotografo può scegliere sia
l’obiettivo, che i parametri di esposizione, che effettuare la messa a
fuoco.