Note
Ringrazio il prof. Massimo Scolari: sua è l'idea di studiare e approfondire questi aspetti della rappresentazione egizia. Sono anche riconoscente al prof. Giuliano Romano, per avermi indicato, con squisita cortesia, alcune imprecisioni nei termini astronomici e per i suoi preziosi suggerimenti, che certo non mancherò di approfondire nel prossimo futuro.
Per contro, tutti gli errori, le omissioni e soprattutto le 'responsabilità' delle affermazioni e delle teorie proposte sono da attribuirsi interamente a chi scrive.

[1] "Zona della sfera celeste intorno all'eclittica, delimitata da due cerchi paralleli a questa e distanti da essa di 9 gradi, uno a nord e uno a sud, entro cui si muovono i pianeti e la Luna; divisa in 12 parti uguali, di 30 gradi ciascuna, contiene le 12 costellazioni zodiacali (Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci), a cui, convenzionalmente, corrispondono i 12 segni zodiacali (o dello zodiaco) omonimi. Dal latino zodiacus, che è dal greco zoidiakós (derivato di zóidion `figura, segno celeste'; propriamente diminutivo di zôion `animale' e poi `immagine, figura'), sottinteso kyklos; propriamente `(circolo) delle figure celesti'". Voce "zodiaco" in: Devoto; Oli, Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze 1994.


[2] Antoniadi, L'astronomie Égyptienne, p. 60.


[3] Per una lista completa degli zodiaci egizi si veda: Neugebauer; Parker, Egyptian Astronomical Texts, vol. III, pp. 204-5. Gli elementi degli zodiaci egizi, ed in particolare i decani, sono tracciati essenzialmente a partire da due famiglie di diagrammi celesti: quella chiamata da Neugebauer e Parker la famiglia "Seti IB" e la famiglia "Tanis". Infatti, la prima versione Greca completa dei nomi decanali, nell'Hephaestion di Tebe (IV secolo d.C.), sembra essere scelta esclusivamente dalle famiglie Seti IB e Tanis (cfr. Neugebauer; Parker, Egyptian Astronomical Texts, vol. III, pp. 170-1).


[4] I decani fanno la loro apparizione in disegni e testi posti sulla parte interna di coperchi di sarcofagi risalenti alla IX o X dinastia (2100 a.C. circa). In quei grafici (vedi figura A) si ritrovano 36 costellazioni disposte in altrettante colonne di 12 linee ciascuna (più un'altra colonna per i giorni epagomeni), in un disegno diagonale. Ciascuna colonna serve da orologio stellare durante una particolare decade, il cui primo giorno è indicato in testa alla colonna stessa. Per esempio, il sorgere del decano 3 indica durante la prima decade la terza ora della notte, nella seconda decade la seconda ora e la prima ora nella terza decade. Sappiamo infatti che le stelle, pur sorgendo e tramontando ciascuna in uno specifico punto fisso (a meno degli effetti della precessione), sorgono e tramontano anticipando di circa 4 minuti ogni giorno e dunque 40 minuti ogni 10 giorni (al riguardo, si veda anche l'appendice).
Un'altra informazione, tratta dagli antichi commentatori, è che tutti i decani erano invisibili per circa 70 giorni, compresi tra il tramonto eliaco ed il sorgere eliaco. In altre parole, tutti i decani avevano (almeno idealmente) lo stesso periodo di non visibilità della stella Sirio.


[5] Una costellazione è detta circumpolare quando le sue stelle non sorgono né tramontano, dunque quando la loro distanza angolare rispetto alla stella polare è minore della latitudine del luogo. In tal senso alcune stelle possono essere circumpolari ad una latitudine e non esserlo ad altre latitudini minori della prima e viceversa; così come possono essere circumpolari in un'epoca e non esserlo in un'altra e viceversa.


[6] Neugebauer; Parker, Egyptian Astronomical Texts, vol. III, p. 62. Si veda anche: Clagett, Ancient Egyptian Science, p. 474.


[7] Neugebauer; Parker, Egyptian Astronomical Texts, vol. III, pp. 72-4.


[8] Antoniadi, L'astronomie Égyptienne, p. 61.


[9] Nella figura 5a, tratta dalla Description de l'Égypte, il segno geroglifico dell'Ovest è stranamente disegnato in posizione errata. In realtà esso è scolpito esattamente al centro dello spazio lasciato libero dalle braccia delle divinità, lungo la retta che passa per il simbolo dell'Est e il centro della rappresentazione. I due simboli, in ogni modo, sono tracciati ruotati di circa 47° rispetto alla vera direzione geografica Est-Ovest: il geroglifico dell'Est ruotato verso Nord, quello dell'Ovest verso Sud.


[10] È da considerare che la rappresentazione è posta su di un soffitto. Pertanto, deve essere vista idealmente dal basso verso l'alto e dunque ciò che è rappresentato in senso orario è proiettato su di un piano, posto ai piedi dell'osservatore, come disposto in senso antiorario. In tutte le figure che riguardano lo zodiaco circolare di Dendera, comprese le rappresentazioni del cielo ottenute mediante il programma SkyMap, il Nord è posto rivolto verso l'alto, l'Est a sinistra e l'Ovest a destra.


[11] Aubourg, La date de conception du zodiaque du temple d'Hathor à Dendera, p. 10.


[12] "Lo studio del soffitto rende chiaro che la sua organizzazione è lontana dal caso fortuito e che costituisce un tentativo di rappresentare le grandi relazioni tra corpi celesti, con qualche grado di fedeltà. In EAT I [Egyptian Astronomical Texts, vol. I], pp. 97-100, noi trovammo che le stelle decanali erano collocate in una banda quasi parallela al Sud dell'eclittica [vedi figura B]. Le due costellazioni del Nord al centro del disco [lo Sciacallo, l'Orsa Minore, e la Gamba di bue, l'Orsa Maggiore] indicano il polo celeste. I decani sono posti sul perimetro del disco e tra essi ed il polo è posto il cerchio dello zodiaco, così come ci saremmo aspettati e non centrato sul polo. Tra lo zodiaco e il polo sono poste varie figure di costellazioni (da A ad M [le lettere maiuscole si riferiscono alla tavola 35 del vol. III] ) che devono essere considerate a Nord dell'eclittica. L'Ippopotamo e Mes[khetiu] sono state scelte tra il gruppo delle costellazioni del Nord probabilmente perché tra le più rappresentative. Le altre 11 riempiono lo spazio rimasto, anche affollandosi tra l'Ippopotamo e Mes, dove vi è il sospetto che siano leggermente fuori posizione. Tra lo zodiaco e la fascia decanale è posta un'area che contiene le costellazioni identificate da N a Y. Dato che due tra queste sono identificabili, Orione (P) e Sothis [Sirio] (S), e sono costellazioni decanali, è lecito concludere che anche le altre lo siano ed appartengano a questa fascia o immediatamente sotto ad essa. [...] In questo senso è necessario considerare che le figure T e U, più che vere e proprie costellazioni, sono presenti in associazione con Sothis. T è la divinità Sothis [...] e U è Anukis [...], divinità di Elefantina associata a Satis, essa stessa identificabile con Sothis. L'assemblaggio di una mucca in una barca e due divinità, indica sicuramente la stella Sirio. Altre figure, anch'esse poste a Sud dello zodiaco, possono essere considerate in relazione ai decani, più che vere e proprie costellazioni". Neugebauer; Parker, Egyptian Astronomical Texts, vol. III, p. 73.


[13] Si veda, ad esempio: Gillings, Mathematics in the time of the Pharaohs. L'area del quadrilatero generico era calcolata moltiplicando tra loro le medie aritmetiche dei lati opposti: regola assai poco precisa, pur se spesso usata anche ai giorni nostri, nei calcoli di celerimensura. Per quanto riguarda invece l'area del cerchio, questa era probabilmente definita attraverso due diversi metodi che portavano però anche a due diversi risultati: il primo prevedeva l'elevazione al quadrato degli otto noni del diametro (per un cerchio di diametro pari a 9 unità, l'area è dunque di 64 unità quadrate); l'altro, per lo stesso cerchio, definiva una sostanziale equivalenza tra l'area del cerchio e quella di un ottagono irregolare ottenuto eliminando, dal quadrato che contiene il cerchio, i quattro triangoli rettangoli isosceli di lato 3 unità, impostati sui vertici del quadrato (area pari a 63 unità quadrate). L'area vera è invece pari a 63.617 unità quadrate.


[14] Si pensi, ad esempio, ai calendari diagonali (vedi nota 4), agli orologi stellari ramessidi (vedi nota 23), ai soffitti astronomici delle tombe di Senmut e Seti I. In quasi tutti i casi si sono però riscontrati evidenti errori, dovuti forse al fatto che quelle ritrovate sono probabilmente copie di più precise mappe su papiro, eseguite da decoratori e non da astronomi.


[15] "Le rappresentazioni pittoriche dei segni zodiacali negli zodiaci egizi (eccettuate le aggiunte ellenistiche) sono certamente di origine Babilonese. Questo è vero sia per gli zodiaci rettangolari sia per quelli circolari (come quello di Dendera B). Sebbene si sia tentati di supporre che gli zodiaci circolari egizi rappresentino le suddivisioni tra i segni in termini angolari (come alcuni tra i primi studiosi suggerivano), dall'analisi dei diagrammi celesti è evidente che in Egitto non vi era nessun uso del sistema angolare a gradi per la misura di archi celesti. Gli zodiaci egizi includevano non solo i segni dello zodiaco, ma anche i più antichi decani, i pianeti ed altre stelle e costellazioni egizie come l'Orsa Maggiore e l'Ippopotamo [la costellazione del Drago]. All'epoca di costruzione di questi zodiaci, probabilmente il sorgere o il transito dei decani non era più usato per segnare le ore della notte. Nel più antico zodiaco rettangolare (Esna A) ed anche nello zodiaco rettangolare posto sul soffitto della sala ipostila esterna a Dendera (noto come Dendera E), i decani per la gran parte sembrano essere associati alle figure zodiacali o rappresentare le divisioni tra le aree ad esse assegnate. Ciascun segno è diviso in tre decani (eccetto che in alcuni casi, di quattro decani). Questi, una volta assorbiti negli zodiaci Greco-Romani, costituiscono semplicemente il nome delle tre suddivisioni di 10 gradi di ciascun segno zodiacale. In questa loro nuova forma, i decani continuarono a costituire una parte della successiva astrologia in Grecia, a Roma, in India, nell'Islam, nel Medioevo ed infine nel Rinascimento in Europa". Clagett, Ancient Egyptian Science, pp. 126-7.


[16] A questo riguardo, le considerazioni di Neugebauer e Parker sono molto decise: "In sostanza, tutti gli zodiaci conosciuti sono posti o sul soffitto di un tempio o di una tomba o sul coperchio di un sarcofago. Ovviamente essi erano considerati come appartenenti al cielo, che si stende sopra di noi come il soffitto di una stanza. Ma questa somiglianza qualitativa è scarsamente utile per accurate rappresentazioni astronomiche. L'osservatore terrestre non vede mai, sopra l'orizzonte ed in ogni periodo dell'anno, più di sei delle dodici costellazioni zodiacali. Ciò nonostante, desiderando rappresentare completamente lo zodiaco su di un soffitto la domanda da porsi è se esiste un ordine "naturale" per organizzare la rappresentazione. Si potrebbe forse arguire che un osservatore rivolto verso Sud veda le costellazioni nascere, culminare e tramontare ruotando in senso orario, ma per scoprire che l'ordine dei segni zodiacali è opposto a quello di rotazione. Così un osservatore che guarda verso il soffitto si dovrebbe aspettare una sequenza in senso antiorario dei dodici segni".
Gli autori notano allora che gli esempi non confermano le supposizioni, dato che nove degli zodiaci esistenti (compresi quelli rettangolari) mostrano una sequenza antioraria e sedici una oraria. Essi dunque concludono: "Non è evidentemente possibile ascrivere ad un così esiguo numero alcuna valenza statistica. Ma è chiaro che entrambi i metodi di orientamento ricorrono in tutti i tipi di documenti, templi, tombe private e sarcofagi, con questi ultimi che sono caratterizzati anche da orientamenti misti. [...] Così, nessun principio astronomico è responsabile dell'orientamento degli zodiaci. Ugualmente senza significato astronomico è il modo di dividere lo zodiaco in due parti, ad esempio ad entrambi i lati di Nut su di un coperchio di sarcofago o su bande parallele su di un soffitto. Ci si dovrebbe aspettare qualche uniformità, ma quello che i documenti mostrano è, ancora una volta, molto diverso. [...] Tutto ciò che si può concludere dagli esempi in nostro possesso è che vi è una certa tendenza a dividere gli zodiaci all'incirca lungo i solstizi; solo Athribis A è diviso in prossimità degli equinozi, proprio di fronte ad una diversa divisione nell'altra metà del soffitto (B). Dalla nostra lista, ordinata cronologicamente, segue anche che la distribuzione dei segni non è definita cronologicamente. Tentare di datare le rappresentazioni astronomiche zodiacali seguendo la disposizione dei segni, trascura le evidenze accumulate circa i documenti stessi". Neugebauer; Parker, Egyptian Astronomical Texts, vol. III, pp. 205-6.


[17] Sulla data di fondazione del tempio di Hathor di Dendera si veda: Amer; Morardet, Les dates de la construction du temple majeur d'Hator à Dendara à l'époque gréco-romaine; Cauville-Colin, Le temple d'Isis à Dendera; Winter, A Reconsideration of the newly Discovered Building Inscription on the Temple of Denderah e Quaegebeur, Cléopâtre VII et le temple de Dendera.


[18] Il primo anno del regno d'Augusto, otto anni prima della fine dei lavori, Hathor fu solennemente introdotta nel tempio.


[19] Si è già detto che Sirio non è visibile per circa 70 giorni l'anno, periodo nel quale la stella è sopra l'orizzonte durante il dì. Il primo giorno (di incerta definizione, poiché legato alle condizioni atmosferiche e all'acutezza dell'osservatore) nel quale la stella (che anticipa di circa 4 minuti al giorno la sua levata) appare sopra l'orizzonte per qualche breve istante, prima di essere resa invisibile dalla luce dell'alba, è noto come il giorno della sua levata eliaca.
Il calcolo relativo al 16 luglio del 54 a.C. è stato compiuto considerando il Sole posto 9 gradi sotto l'orizzonte: tre giorni prima il Sole è a soli 5° sotto l'orizzonte (troppo poco per poter vedere la stella, dato che anche il Sole sorge nella stessa direzione); tre giorni dopo, il 19 luglio, il Sole è invece ben 11° sotto l'orizzonte e dunque Sirio si può osservare per un periodo più lungo. Borchardt e Neugebauer, nel periodo luglio-agosto 1926, effettuarono una serie di osservazioni per identificare l'angolo del Sole sotto l'orizzonte, al momento della levata eliaca di Sirio. Le prove, compiute da diverse persone ed in vari luoghi, diedero un ambito di valori compresi tra 8.6 e 9.4 gradi. Poiché il calendario civile egizio consisteva in 12 mesi di 30 giorni, più cinque giorni epagomeni, veniva a mancare circa 1/4 di giorno per ogni anno. L'anno civile si discostava dunque da quello astronomico e questi coincidevano nuovamente dopo un periodo di circa 1455 anni, noto come "ciclo sothico". Il nome deriva da quello della stella Sothis (Sirio), perché si ritiene che, in origine, l'inizio dell'anno coincidesse con l'apparizione eliaca di Sirio e con le inondazioni del Nilo. Poiché quella coincidenza si produsse attorno al 139 d.C. (cfr. Censorino, il quale, nel suo De die natali, 238 d.C., scrive che il ciclo sothico di 1460 anni iniziò il 20 luglio del 139 d.C.), è possibile ricostruire con esattezza le altre date: una è posta qualche decina d'anni prima del faraone Zoser (III din.), l'altra poco prima di Seti I (XIX din.).
Si riporta in tabella il calcolo proposto da Oosterhout (The heliacal rising of Sirius, pp. 72-111), il quale propone un'anticipazione di data che, infatti, dipende anche dalla latitudine del luogo di osservazione:
Ciclo    anno d'inizio    anno mediano    anno di fine    durata (anni) 
1

-4226

-3498

-2770

1456

2

-2770

-2043

-1316

1454

3

-1316

-590

136

1452

4

136

861

1585

1449


[20] Cauville-Colin, Le temple d'Isis à Dendera, p. 41. La piccola rotazione del tempietto di Iside rispetto al preesistente, di circa 3 gradi, rafforza il valore simbolico dell'orientamento attuale. In epoca precedente - e più precisamente nel periodo ramesside, al quale sembra risalire un tempio ancora precedente - Sirio sorgeva infatti in un punto ruotato di circa 3 gradi rispetto al punto di levata del 54 a.C.
L'orientamento astronomico è stato certamente usato dagli egizi almeno sin dalla IV dinastia. Infatti, le piramidi sono orientate con i lati verso i quattro punti cardinali. Queste direzioni possono essere identificate solo attraverso l'analisi della rotazione apparente degli astri.


[21] Verso il fiume, infatti, sono orientati moltissimi templi, anche di epoche precedenti; e dal fiume, vera spina dorsale dell'Egitto ed unica vera via di comunicazione, provenivano le processioni sacre.


[22] Al riguardo si veda, ad esempio: Norman J., Lockyer, The Dawn of astronomy, London, 1894 (reprint Giorgio de Santillana, MIT, 1964). Per Lockyer, la rappresentazione prova la conoscenza da parte degli antichi egizi del fenomeno della precessione degli equinozi. I due segni geroglifici dell'Est e dell'Ovest indicherebbero antiche disposizioni celesti che risalirebbero all'epoca delle prime dinastie (3000 a.C. circa).
La disposizione stessa indicherebbe, oltre al polo Nord celeste, anche il polo dell'eclittica, posto nella costellazione del Drago.


[23] Queste rappresentazioni, usate per il calcolo delle ore della notte, compaiono in due gruppi nella tomba di Ramses VI e in un gruppo nelle tombe di Ramses VII e IX. Tutte sono, in qualche modo, incomplete e a volte errate: è da ritenere che quelle fossero solo decorazioni tombali, eseguite non da astronomi ma da decoratori che potevano avere solamente visto le vere tavole in uso presso gli astronomi, da questi ultimi, con ogni probabilità, tenute gelosamente segrete.
Gli antichi orologi decanali diagonali erano composti essenzialmente da 36 colonne di 12 ore (cfr. nota 4 e
vedi figura A). Qui si hanno invece 24 tavole di 13 stelle, con la prima stella che identifica l'inizio della notte.
Inoltre, a differenza dei più antichi orologi di "transito" (che considerano dunque il transito delle stelle al loro culmine massimo), in questo caso si considerano anche linee di transito esterne rispetto al meridiano (infatti, non compare nessuna costellazione del Nord, mentre compaiono sicuramente le stelle di Orione e Sirio: la datazione astronomica presunta è riferita al 1450 a.C. circa). Ciascuna delle 24 tavole è accompagnata da una figura d'uomo seduto (la sagoma di riferimento, rappresentata, tra l'altro, frontalmente), con una griglia composta da nove linee verticali e 13 orizzontali (in alcuni casi solo 12). Le sette linee verticali interne costituiscono le "linee di transito" (quella centrale il meridiano); mentre la prima linea orizzontale costituisce l'inizio della notte e le altre 12 le altrettante ore notturne (non equinoziali, ma variabili nel corso dell'anno, come anche quelle degli orologi decanali).
È da notare che le tredici righe orizzontali, da considerarsi indipendenti una dall'altra, sono collegate alla figura di riferimento per quanto riguarda gli spostamenti orizzontali, ma possono idealmente scorrere verticalmente sino a porsi alla giusta altezza rispetto alla figura stessa. Infatti, ciascuna riga (e dunque ciascuna stella) è accompagnata da scritte che ne indicano la posizione e dunque l'altezza relativa alla figura. Ognuna delle 24 rappresentazioni è pertanto la composizione di tredici diversi schemi: uno per ogni stella.
Nel caso la stella stia nella settima riga verticale interna (quella più a destra) la scritta sarà "sopra la spalla sinistra" (della figura di riferimento); nella sesta linea "sopra l'orecchio sinistro"; nella quinta "sopra l'occhio sinistro"; nella linea verticale mediana "nel mezzo", e così via per le altre tre linee verticali ("sopra l'occhio destro", ecc.).
Per quanto riguarda la fase di costruzione e di lettura di tali grafici è richiesto:
-Identificare una posizione ed una direzione di vista.
-Misurare, nel momento opportuno (calcolato presumibilmente per mezzo di una clessidra ad acqua), la distanza orizzontale tra la stella presa in considerazione e la linea verticale mediana, usando come riferimento la sagoma posta davanti all'osservatore (si tratta dunque di una misurazione "ad occhio", oppure condotta usando una serie di sette fili a piombo posti tra l'osservatore e la sagoma di riferimento).
Un tipico strumento per l'osservazione accurata delle stelle, il merhket (un esemplare della XXVIII din. è conservato al Museo di Berlino), consiste in un bastone a nervatura di foglia di palma, con un filo a piombo e un'incavatura centrale sulla testa: ponendo l'occhio ad una certa distanza era possibile traguardare una stella e valutare la sua altezza sull'orizzonte. Un simile strumento (si veda: Solely, Primitive methods of measuring time, p. 169), acquistato da un antiquario di Londra, porta inciso il nome di Tuthankhamon. Su di esso vi è scritto: "Indicatore per la determinazione dell'inizio del festival e per porre tutti gli uomini nelle loro ore...". Il filo a piombo era sospeso da una piccola barra orizzontale, così che il filo potesse cadere su di una marca posta sul pavimento. Sulla barra vi è inciso: "Io conosco il cammino del Sole, della Luna e delle stelle, ciascuna al suo posto".
In epoca tolemaica il filo a piombo con la barretta orizzontale era utilizzato come geroglifico per indicare la parola "ora".


[24] Per l'analisi delle eclissi sono stati presi in esame i testi: Kudlek; Mickler, Solar and Lunar eclipese of the ancient Near East from 3000 B.C. to 0 with maps, pp. 90, 110 e Mucke; Meeus, Canon of Solar Eclipses -2003 +2526, pp. 129, 130, 367. I dati forniti sono assolutamente concordanti tra loro e con quelli prodotti dal programma SkyMap v.3.1.10 (C.A. Marriott, http://www.skymap.com, 1996).
Dai dati in possesso, la prima eclisse è stata vista come totale nelle vicinanze di Meroe (circa 17° N); la seconda, anch'essa totale, nell'area meridionale della penisola del Sinai.
È però da notare che le stesse fonti indicano, per quel periodo, un possibile errore di calcolo di circa 10/15 minuti e pertanto una zona di indeterminatezza del punto di massima grandezza dell'eclisse di molte decine di chilometri. Per maggiore certezza, i dati forniti dal programma e dai testi sono stati pertanto comparati anche con osservazioni storiche documentate: ad esempio con l'eclisse totale avvenuta a Babilonia il 15 aprile del 136 a.C., circa alle ore 8 e 15 locali, con quattro pianeti ed alcune stelle visibili (al riguardo si veda: Stephenson; Clark, Applications of Early Astronomical Records, p. 31 ed ancora: Stephenson, Historical eclipses and earth's rotation, pp. 64-8, 129-31, 136-7).
È infine da notare che, nei due testi presi in esame ma non nel programma, è previsto anche l'anno zero, non contemplato nelle sequenze storiche: dunque, nei testi, l'anno -50 equivale al 51 a.C.


[25] Il testo fu scoperto nel secolo scorso e documentato in: K. H. Brugsch, Thesaurus Inscriptionum Aegyptiacarum, 1882, vol. 1, p. 77 (reprint: Akademische Druck- und Verlagsanstalt, Graz 1968). La rilevanza della simultanea levata eliaca di Sirio e di Venere fu proposta nel 1934 dal Knapp (M. Knapp, Pentagramma Veneris, in "Kommission bei Helbing und Lichtenhahn", Basel 1934). Si veda: Oosterhout, Sirius, Venus and the Egyptian calendar, p. 83. Il ciclo di Venere, già noto a Tolomeo, è affetto da una discrepanza minima, pari a 0.004 orbite (in otto anni Venere compie 13.004 orbite). Questo errore assai piccolo comporta la significativa presenza di un evidente ciclo scandito da Venere. Cicli analoghi, ma con errori ben maggiori, esistono anche per gli altri pianeti: per Mercurio è di 6 anni (errore 0.09 orbite) o 7 anni (errore 0.064 orbite); per Marte di 15 anni (errore 0.025 orbite); per Giove di 12 anni (errore 0.012 orbite) e per Saturno di 30 anni (errore 0.018 orbite).


[26] La rappresentazione della costellazione del Drago è di molto anteriore all'epoca tolemaica e risale almeno alla XVIII din. (si veda, ad esempio, il soffitto astronomico della tomba di Senmut in figura Ca, figura Cb e Wilkinson, New Kingdom astronomical paintings and methods of finding and extending direction).
Secondo Kurt Locher, la stella Thuban corrisponde al capo inferiore della bitta d'ancoraggio impugnata dall'Ippopotamo (
vedi figura D e Locher, Probable identification of ancient egyptian circumpolar constellations, p. 152). La mano corrisponderebbe alla stella zeta dell'Orsa Minore e la cima della bitta alla stella Kochab (beta Ursae Minoris).
Per Petrie, l'impugnatura della bitta corrisponde alla stella Arcturus (alfa Bootis) (si veda W.M.F. Petrie, Wisdom of the Egyptians, London 1940, tav. IV,
vedi figura E).
Infine, secondo Biegel, l'impugnatura della bitta corrisponderebbe alle stelle Merak (beta Ursae Majoris) e Dubhe (alfa Ursae Majoris) (si veda R.A. Biegel, Zur Astrognosie der alten Ägypter, Zurich 1921, p. 36, fig. 7,
vedi figura F).
Al riguardo si veda anche: Zába, L'orientation astronomique dans l'ancienne Égypte.
Nelle figure da G ad O sono presentate le sovrapposizioni, equivalenti alla figura 16, per altre sette stelle vicine a Thuban.
Nella
figura G è usato come polo la stella k Draconis (5 Draconis, magnitudo 3.9);
in
figura H la stella Edasich (iota Draconis, 12 Draconis, magnitudo 3.5);
in
figura I la stella eta Draconis (14 Draconis, magnitudo 2.9);
in
figura L la stella Alkaid (eta Ursae Majoris, 85 Ursae Majoris, magnitudo 1.9);
in
figura M la stella Alioth (epsilon Ursae Majoris, 77 Ursae Majoris, magnitudo 1.7);
in
figura N la stella Dubhe (alfa Ursae Majoris, 50 Ursae Majoris, magnitudo 2.0);
infine, nella
figura O si è usato il vero polo Nord celeste per la latitudine di 26° 10'.
Per l'identificazione delle stelle si veda la
figura P.
Si veda anche il confronto tra le varie stelle.


[27] Si veda Neugebauer; Parker, Egyptian Astronomical Texts, vol. II, pp. 189-91.


[28] Per quanto riguarda i decani posti sul bordo esterno, non conoscendo le costellazioni alle quali sono associati, è impossibile stabilire il metodo di rappresentazione e capire perché non sono disposti in modo regolare (ad esempio sullo spicchio ad Ovest compaiono solo tre figure su di un arco di più di 70 gradi, anziché i 30° prevedibili).


[29] Aubourg, La date de conception du zodiaque du temple d'Hathor à Dendera. In figura Q è presentata la proposta di Éric Aubourg per l'identificazione delle costellazioni dello zodiaco di Dendera (disegno di B. Lenthéric).


[30] I pianeti, infatti, sono caratterizzati da periodi di rivoluzione attorno al Sole molto diversi tra loro: pertanto, la possibilità di ottenere le stesse configurazioni planetarie si ripete dopo moltissimi anni. In particolare, Mercurio ha un periodo di circa 88 giorni, Venere di 224 giorni, Marte di 687 giorni, Giove di 11 anni e 315 giorni e Saturno di 29 anni e 167 giorni. Le orbite di tutti i pianeti sono quasi complanari al piano dell'eclittica, il piano dell'orbita terrestre e delle costellazioni dello zodiaco.


[31] Secondo Éric Aubourg (si veda Aubourg, La date de conception du zodiaque du temple d'Hathor à Dendera, p. 10), l'eclisse, quasi totale, è avvenuta alle ore 11.10, ora locale. Non conoscendo le fonti usate per il calcolo, non è possibile confutare l'affermazione, se non notando che le tre fonti già citate (si veda la nota 24) indicano, per quella data, come ora locale dell'eclisse circa le 14 e 54 minuti e come grandezza quella del 30% (valori ottenuti interpolando i dati di Tebe e di Menfi).


[32] Il 21 agosto del 50 a.C., circa alle ore 7 e 22 minuti, avviene a Dendera una quarta eclisse di Sole, quasi totale (90% circa), durante la quale la configurazione celeste è quasi identica alla seconda eclisse del 20 settembre del 61 a.C., con Sirio al suo culmine massimo a Sud (vedi figura R).


[33] La differenza più rilevante (e forse determinante, dato il rapido moto apparente di quel pianeta) è data da Venere, che nel disco è rappresentata tra i Pesci e l'Acquario, anziché tra Pesci e Ariete. Il 7 marzo del 51 a.C. durante l'eclisse di Sole, alla quale potrebbe riferirsi il simbolo della Luna posto vicino ai Pesci, Venere è nell'Acquario: la sua posizione potrebbe dunque derivare da quest'ultimo evento.


[34] Winter, A Reconsideration of the newly Discovered Building Inscription on the Temple of Denderah, p. 77.

Bibliografia

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Abbreviazioni

AJ Astronomical Journal.

ArAs Archeoastronomy (supplemento di "JHA").

ASAE   Annales du Service des Antiquites Egyptiennes, Organisation des Antiquites Egyptiennes, Le Caire.

BAMS   Bulletin of the American Mathematical Society.

BIFAO   Bulletin de l'Institut Français d'Archéologie Orientale, Le Caire.

BSFE   Bulletin de la Société Française d'Egyptologie, Collège de France, Paris.

DE   Discussions in Egyptology, Oxford.

GM   Göttinger Miszellen, Göttingen.

HAMA  Neugebauer, Otto, A history of ancient mathematical astronomy, Berlin, 1975.

JARCE   Journal of the American Research Center in Egypt, New York.

JEA   The Journal of Egyptian Archaeology, The Egypt Exploration Society, London.

JHA   Journal for the History of Astronomy.

JNES   Journal of Near Eastern Studies, Department of Oriental languages and Literatures of the University of Chicago, The University of Chicago Press, Chicago.

PAPS   Proceedings of the American Philosophical Society.

PRSL   Philosophical transactions of the Royal Society of London, British Academy, Oxford University Press, London.

SAOC   Studies in Ancient Oriental Civilization, The University of Chicago Press, Chicago.

VA   Vistas in Astronomy, Pergamon Press, London e New York.

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Lo zodiaco circolare di Dendera.

Camillo Trevisan, dicembre 1997   trevisan@iuav.it