Il programma EUCLID per la restituzione prospettica

Camillo Trevisan, luglio 1997      trevisan@iuav.it

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PREMESSA E DEFINIZIONI
La restituzione prospettica consente di ridelineare la realtà tridimensionale rappresentata in una prospettiva. Essendo un processo che generalmente trasforma coordinate dal piano allo spazio necessita evidentemente di qualche informazione in più oltre a quelle fornite dall'immagine prospettica.
La visione umana, ad esempio, altro non è se non continua restituzione prospettica delle immagini retiniche. Certo siamo aiutati in questo dalla visione stereoscopica che ci consente, soprattutto alle brevi distanze, una discreta stima delle profondità (la terza dimensione mancante) ma è soprattutto la nostra cultura, in senso lato, e l'esperienza che in realtà ci consentono di vedere.
[1]
Ed infatti da lungo tempo si conoscono gli effetti dei trompe l'oeil, vale a dire di oggetti e immagini che ingannano l'occhio e il cervello incaricato di decifrare le immagini. [1] [3]
È sufficiente porre l'occhio allo spioncino della distorted room di Ames [4], perché tutte le nostre capacità percettive siano ingannate: le ipotesi, apparentemente suffragate da quello che vediamo (sedie, porte, pareti, suppellettili), sono in realtà false, ma preferiamo credere di vedere, in due uomini normali posti nella stanza, un nano ed un gigante piuttosto di rinunciare alle nostre certezze: che un pavimento ed un soffitto siano orizzontali, le pareti verticali, le porte e le sedie di dimensioni uguali tra loro.
Dunque, al di là della limitata capacità oggettiva di stima binoculare delle profondità, la nostra interazione visiva si fonda essenzialmente sul continuo ciclo di stima di ciò che dovrebbe essere e verifica che così è o nella correzione delle ipotesi di partenza.
Nella restituzione prospettica di dipinti ed affreschi, purtroppo, non si ha la possibilità di guardare la realtà da un altro punto: l'unica realtà di cui disponiamo, infatti, è già essa stessa una prospettiva. Solo ponendo l'occhio nel punto di vista preferenziale, il centro di proiezione utilizzato dall'artista, e formulando un congruo numero di ipotesi circa le caratteristiche degli oggetti rappresentati, è possibile vedere, appunto come attraverso una finestra, la realtà virtuale utilizzata per la sua costruzione. [5] [6] [7] [8]

Viene qui presentato un metodo, basato su di un programma per computer denominato EUCLID, in grado di effettuare la restituzione di una prospettiva, indipendentemente dalla tecnica utilizzata per produrla e dal tipo di superficie che la contiene.
Vale la pena di dare subito alcune definizioni che utilizzeremo da qui in avanti. Innanzi tutto definiamo come prospettiva qualsiasi metodo sistematico (riproducibile) per la rappresentazione dello spazio tridimensionale su qualsiasi superficie piana o curva o in qualsivoglia altra forma, utilizzando uno o più centri di proiezione. In questa trattazione, e nel programma che ne è la naturale estensione, considereremo esclusivamente prospettive a centro di proiezione unico, che del resto costituiscono il corpus di gran lunga più sostanzioso ed interessante.
Inoltre ci limiteremo ai casi nei quali siano presenti corpi architettonici o comunque solidi regolari e ben individuabili spazialmente.
Definiamo anche come modello reale l'insieme dei punti che individuano i vertici dei solidi rappresentati nella prospettiva: può quindi essere visto in pianta o in alzato o in qualsiasi altra forma rappresentativa voluta. Costituisce in pratica il modello utilizzato dall'artista per produrre la prospettiva ed è, per definizione, conosciuto topologicamente ma sconosciuto o meglio non perfettamente individuato nei valori delle coordinate: sarà compito del programma definirlo spazialmente in tutte le sue articolazioni e verificare che la topologia presunta sia corretta.
Per modello prospettico intenderemo al contrario l'insieme dei punti del modello reale messi in prospettiva dal programma EUCLID, utilizzando il punto di osservazione scelto dal programma stesso o dall'utente: tale modello deve, in linea teorica, coincidere con la prospettiva data: con questo nome chiameremo infatti l'insieme dei punti (omologhi a quelli del modello reale e prospettico) digitalizzati sulla prospettiva o ricavati in qualsiasi altro modo.
Infine definiremo come insieme delle regole una serie di caratteristiche, precisate meglio più avanti, proprie dei solidi che si intende restituire: la congruenza, la perpendicolarità tra due segmenti, la verticalità o il parallelismo tra segmenti ed altre ancora.

LA RESTITUZIONE PROSPETTICA
Generalmente la ricostruzione della forma e dimensioni reali di uno o più oggetti rappresentati in prospettiva, viene intesa come l'operazione inversa della prospettiva stessa: un metodo che permette di ricavare, fatte alcune supposizioni sulla forma reale di un oggetto, gli elementi dell'orientamento interno ed esterno della prospettiva. Tali parametri si applicheranno anche a tutti gli altri oggetti rappresentati.
È ovvio che tale metodo può essere applicato con successo se gli oggetti raffigurati sono ben individuabili e riconoscibili: solidi geometrici quali cubi, sfere, piramidi, cilindri, prismi, oppure colonne, scale, archi, trabeazioni o anche semplici figure piane: quadrati, cerchi, rettangoli.
Può accadere però che la restituzione, imperniata sulle presunte caratteristiche di un oggetto, non si attagli bene al resto della scena visualizzata, ad altri solidi dislocati in posizioni diverse: sarà pertanto necessario riformulare nuove idee, ripetere il procedimento di restituzione e controllo fino a quando tutti gli oggetti risulteranno credibili.
Vale a dire che il classico metodo di restituzione, basandosi su supposizioni spesso non dimostrabili a priori, diventa, da esatto, quasi sempre ricorsivo: una sorta di partita a scacchi, nella quale ogni mossa comporta una serie di conseguenze a cascata, non tutte prevedibili con sicurezza.
Inoltre la restituzione grafica manuale mediante stecca e compasso comporta inevitabili, pur se modesti, errori e disomogeneità e risulta in ogni caso riservata ad esperti virtuosi della prospettiva.
Per finire lo studioso si trova a volte a dover restituire scene messe in prospettiva non classica (legittima), ma ad esempio proiettate su volte o cupole, oppure sferiche o cilindriche o anamorfiche o addirittura solide: in questi casi i problemi si complicano ulteriormente rendendo veramente ardua la soluzione con metodi tradizionali.

Il metodo proposto, prescindendo dalla tecnica utilizzata per la costruzione della prospettiva, risulta applicabile virtualmente in tutti i casi, anche i più complessi e di più difficile soluzione. Nel caso in cui una tecnica non sia contemplata dal programma è sempre possibile aggiungere, senza incidere nel corpo del programma, una funzione in grado di simulare matematicamente il metodo prospettico utilizzato dall'artista.

LE TECNICHE PROSPETTICHE
Come si è già accennato esistono varie, al limite infinite, tecniche per porre in prospettiva un insieme di punti. È possibile però distinguere almeno quattro categorie principali:

A) Prospettiva centrale su superficie piana a quadro piano. Fanno parte di questa categoria sia gli infiniti esempi di pittura dal Rinascimento in poi, sia le anamorfosi piane (come ad esempio il teschio negli Ambasciatori di Holbein), ed in genere tutte le prospettive, sia a quadro verticale che inclinato, quindi anche le fotografie a lastra piana ed eseguite con obiettivo a bassa distorsione.
La loro restituzione prospettica è quasi sempre relativamente agevole; ciò non toglie che il programma possa essere utilizzato come ulteriore e semplice verifica della restituzione effettuata con metodi tradizionali.
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B) Prospettiva centrale su superficie non piana. È questo il caso di scene proiettate su emisfere (cupole) o semi cilindri (volte a botte) o altre superfici non piane (volte a crociera, cupole paraboloidi o ellissoidi). In questo caso la scena, messa in prospettiva tradizionale su di un cartone piano, è stata proiettata da un punto, generalmente non al centro della sfera o sull'asse del cilindro, sulla cupola o volta o sulla superficie: solo un osservatore posto in quel punto percepirà una vista corretta in tutte le sue parti; da qualsiasi altro punto gli oggetti rappresentati appariranno via via più deformi ed assurdi quanto più l'occhio sarà distante dal corretto centro di proiezione e di vista.
Si sono individuati tre sotto-casi:
B1) Cupole a tutto sesto (emisfere).
B2) Volte a botte a tutto sesto (semicilindri).
B3) Superfici qualsiasi e non meglio definibili matematicamente, quali vele, ventagli, cupole ellissoidi o iperboloidi, piani raccordati, intersezioni di più superfici, ecc.
Le coordinate che individuano sia il modello prospettico sia la prospettiva data si riferiscono necessariamente a punti posti nello spazio; ne consegue che per effettuare la restituzione prospettica è essenziale avvalersi di un rilievo topografico o fotogrammetrico delle superfici dipinte, anche se nei primi due casi è teoricamente possibile costruire la prospettiva data, a patto di conoscere il raggio della sfera o del cilindro, contro-proiettando sulla superficie curva i punti digitalizzati da fotografie nadirali.
Anche conoscendo approssimativamente il centro di proiezione è però estremamente difficoltoso restituire graficamente tale prospettiva, data la complessità di intersecare rette qualsiasi con cilindri o sfere. Inoltre il quadro prospettico piano potrebbe non essere complanare con l'imposta della cupola, ma opportunamente inclinato per impedire che l'osservatore debba voltare all'insù la testa di un angolo retto. [11] [12] [13]

C) Prospettiva su superficie piana a quadro non piano. Le proiettanti vengono intercettate da una superficie non piana (quadro principale), ed i punti così definiti successivamente contro-proiettati o sviluppati su piano (quadro secondario). Tra le infinite superfici utilizzabili si sono selezionate:
C1) La sfera con centro di proiezione coincidente con il punto di vista.
C2) Il cilindro verticale con l'occhio appartenente all'asse.
C3) Il cilindro orizzontale, anche questo con la mira sull'asse.
C4) Il doppio cilindro: è questa la probabile costruzione,proposta da Erwin Panofsky per alcuni encausti pompeiani. I due cilindri, a raggio uguale, perpendicolari tra loro, incontrano i propri assi in un punto, centro di proiezione e di vista: il primo cilindro, verticale, permette di individuare, di ogni punto da mettere in prospettiva, la coordinata in pianta; l'altro, orizzontale, l'altezza.
La maggiore complessità di restituzione consiste, anche in questo caso, essenzialmente nella ricerca del raggio della sfera o del cilindro e nel dover trovare le intersezioni tra i raggi ottici e la stessa sfera o cilindro. [14]

D) Prospettive solide o in rilievo. Con questi termini si intendono architetture o scenografie deliberatamente costruite come trompe per dare all'osservatore l'impressione di vedere solidi di forme e dimensioni diverse da quelle reali. Sono assimilabili a questa categoria, ad esempio, il falso coro di S. Satiro, la galleria borrominiana di Palazzo Spada o la scala Regia in Vaticano o ancora quella del Codussi alla Scuola di S. Giovanni Evangelista, a Venezia; per le scenografie quella, per tutte, del teatro Olimpico di Vicenza.
In tutti questi casi, ed in moltissimi altri simili a questi, esiste un punto di osservazione privilegiato che permette, con le modalità vinciane di utilizzare un solo occhio e fermo, di vedere un'architettura non distorta o assurda, diversa (e spesso molto diversa) da quella reale. [15]
Compito della restituzione in questo frangente non è certo quello di trovare un modello reale, in effetti esistente e misurabile, ma, considerando questo come prospettiva data, trovare un altro modello, più realistico del modello reale, dotato di quei canoni e proporzioni tra le sue membrature, assenti nel modello che, ancorché reale, chiameremo autentico.

Tutti questi metodi del mettere in prospettiva gli oggetti, nell'ovvio caso in cui siano ben eseguiti, possiedono una caratteristica in comune: dal corretto punto di osservazione (quello scelto dall'artista), e solo da questo, mostrano oggetti corretti (anch'essi definiti dall'artista) in modo corretto.
In altre parole potendo fare delle supposizioni, non solo metriche ma anche e soprattutto relazionali, sugli oggetti rappresentati e sul punto di osservazione, è possibile se non altro capire se la loro messa in prospettiva è corretta o meno: non ricostruendo ma costruendo la prospettiva e confrontandola poi con l'originale e verificando contemporaneamente tutte le supposizioni fatte circa tutti gli oggetti presi in considerazione. Tale procedimento pseudo empirico di: supposizione della realtà - calcolo della prospettiva - confronto con l'originale, evidentemente non può essere eseguito con metodi grafici manuali, già di per sé lunghi e approssimativi. In questo caso l'uso dell'elaboratore elettronico garantisce sia la velocità che la precisione e risulta in grado di operare indifferentemente con tutti i tipi di prospettiva proprio perché ne utilizza la caratteristica comune appena considerata.

È da notare come non venga imposto un modello rigido e già completamente definito nelle sue dimensioni, ma al contrario un modello per così dire plastico, deformabile in tutte le sue parti purché siano mantenute valide le regole volute: regole che possono a loro volta essere più o meno restrittive, dare maggiore libertà di movimento in alcune direzioni o limitarle in altre.

Il punto di forza del metodo consiste proprio nella possibilità offerta dall'elaboratore di produrre e verificare, rapidamente e con diligenza, un enorme numero di configurazioni, senza pregiudizi o inevitabili imprecisioni dovute ad una verifica grafica manuale. È però chiaro che l'imposizione di regole contraddittorie o anche semplicemente non vere può portare alla definizione di un modello reale che poco ha a che fare con quello veramente utilizzato o perfino a nessuna soluzione valida. Il momento più delicato, ma anche più interessante e creativo, dell'intero iter di restituzione è quindi quello della definizione delle norme cui dovranno sottoporsi gli oggetti rappresentati in prospettiva.

LE REGOLE COMPOSITIVE
Al fine di permettere la costruzione di un insieme di regole consistente, congruente ed univoco, sono state individuate le seguenti classi:

- Distanze imposte: ad esempio l'altezza di una colonna. Questa regola serve essenzialmente per imporre un fattore di scala all'intero modello ricostruttivo tridimensionale: tutte le altre coordinate e misure si correleranno automaticamente con queste. È sufficiente, anzi spesso è consigliabile, imporre una sola distanza, purché altre regole facciano riferimento ai due punti interessati e vi sia dunque la possibilità di trasmettere l'informazione a tutte le altre regole. L'insieme di regole deve infatti risultare concatenato, connesso e non contraddittorio: l'insieme di regole "ideale" si ottiene quando, modificando una sola coordinata del modello reale, tutte o quasi tutte le regole vengono interessate ed i relativi valori modificati. Da quanto detto risulta pertanto assiomatica l'assegnazione della misura prefissata al segmento che unisce la coppia di punti che compaiono nel maggior numero di regole.
- Gruppi di segmenti imposti uguali tra loro. In questo caso non si impone un valore prefissato ma si obbliga il modello reale ad una verifica relativa: ad esempio tutte le colonne di un peristilio, nella realtà saranno uguali tra loro in altezza anche se non è possibile stabilire a priori l'esatta misura dell'altezza. Questa regola risulta particolarmente potente proprio perché nelle architetture rappresentate sussistono moltissimi elementi di uguali dimensioni: ma l'utilizzo può anche estendersi, ad esempio, per la verifica che una data figura geometrica sia un triangolo equilatero, un quadrato, un cerchio, passando per tutti i poligoni regolari intermedi.
- Gruppi di segmenti aventi, tra loro, un rapporto imposto: seguendo l'esempio precedente, è possibile supporre che una colonna abbia un determinato rapporto tra base ed altezza e intercolunnio: è possibile imporre che, sempre nella realtà, i segmenti che rappresentano queste entità stiano tra di loro nel rapporto voluto anche senza conoscere o voler imporre una altezza ed una base prefissate. La regola permette di costruire un modello reale che sia architettonicamente coerente e spazialmente logico: ad esempio per una verifica di un ordine o del rapporto aureo tra le misure di una stanza.
- Gruppi di segmenti aventi, tra loro, lo stesso rapporto: in questo caso non si vuole imporre nemmeno un rapporto predefinito ma si stabilisce senz'altro che quei segmenti abbiano lo stesso rapporto, qualsiasi esso sia. In questo caso la regola risulta più blanda della precedente ma comunque utile: ad esempio per imporre che le colonne appartenenti a differenti colonnati (e quindi diverse tra loro per altezza), abbiano con i rispettivi basamenti il medesimo rapporto.
- Segmenti imposti come verticali oppure orizzontali. In questo caso si prescinde dalla lunghezza dei segmenti: l'unica cosa che conta è l'essere verticale od orizzontale, nient'altro. È evidente che questa sarà una delle regole più utilizzate essendo molto comuni, nell'architettura, le strutture di questo tipo.
- Angoli imposti tra due segmenti. Due segmenti, che abbiano un punto in comune, dovranno formare nel modello reale un angolo nello spazio pari a quello imposto: ad esempio l'angolo tra una colonna e la sua trabeazione sarà retto indipendentemente dalle lunghezze dei segmenti, dal loro rapporto ed anche dal loro essere verticale ed orizzontale.
- Gruppi di segmenti formanti lo stesso angolo: In questo caso non si conosce a priori l'angolo formato da alcune coppie di segmenti, ma si impone che gli angoli stessi siano uguali tra loro.
- Gruppi di punti imposti in allineamento. Dati due punti nello spazio ed un insieme di altri punti intermedi, la regola impone che questi ultimi appartengano alla retta passante per i primi due. Ad esempio i vertici superiori o inferiori dei segmenti che rappresentano una infilata di colonne.
Anche questa regola è suscettibile di un uso molto vasto, concatenata quasi sempre con altre regole per limitare o indirizzare i movimenti di alcuni solidi del modello reale. Nel caso di prospettive proiettate su superfici curve la regola permette di rettificare, nella realtà, segmenti che nella prospettiva appaiono curvi.
- Gruppi di punti imposti complanari. Dati tre punti che definiscono un piano comunque disposto nello spazio ed un insieme di altri punti, la regola verifica che questi appartengano al piano stesso. È questo il caso di tutte le finestre di una facciata o i basamenti di due o più file di colonne: l'unica avvertenza, ovvia, è che i tre punti che definiscono il piano non siano allineati.
- Gruppi di quattro punti che definiscono un rettangolo orizzontale. Anche in questo caso aggiungendo altre regole si riesce a definire l'ambito di modificazione voluto: fissando uno dei quattro vertici, ad esempio, il rettangolo sarà libero di ruotare attorno a questo.
- Gruppi di punti imposti come appartenenti ad un piano qualsiasi, fissato dai coefficienti A, B, C, D dell'equazione generica del piano Ax+By+Cz+D=0. In questo caso è possibile definire un piano fisso nello spazio e non più variabile in funzione dei tre punti che lo identificano. L'utilità risulta evidente nel caso si voglia, ad esempio, imporre che alcuni oggetti stiano necessariamente appoggiati sul piano del pavimento.
- Gruppi di segmenti che formano con un piano angoli dati. Identificato un piano per mezzo di tre punti, i segmenti definiti da coppie di punti dovranno formare con il piano angoli dati. È questo il caso di tetraedri o piramidi note, o supposte tali, i cui spigoli formino angoli noti con il piano orizzontale definito dai punti di base.
- Gruppi di segmenti che formano con un piano dato angoli uguali. In questo caso non è conosciuto l'angolo ma la semplice informazione che i segmenti formano, con il piano, angoli uguali tra loro.
- Gruppi di piani che formano con un piano dato angoli dati. Qui tre punti definiscono un piano e triplette di altri punti definiscono altrettanti piani che formeranno con il primo angoli definiti dall'utente.
- Gruppi di piani che formano con un piano angoli uguali. Anche qui, pur non essendo conosciuto l'angolo, è nota l'informazione che le coppie di piani individuano un angolo uguale, qualsiasi esso sia.
- Gruppi di otto punti che individuano un prisma regolare retto a base rettangolare orizzontale. Volendo meglio definire spazialmente il solido è possibile ricorrere ad altre regole concatenate: ad esempio per imporre che sia un cubo è sufficiente aggiungere la regola che i dodici lati siano tra loro uguali.
- Gruppi di punti che definiscono un elemento spaziale o piano in grado di deformarsi mantenendo intatte alcune caratteristiche geometriche. Tali elementi potranno variare secondo le seguenti modalità:
- traslazioni in X, Y, Z (tx, ty, tz)
- scalature in X, Y, Z (sx, sy, sz)
- rotazione attorno ad un asse verticale passante per il primo punto dell'elemento.
La definizione di elementi congruenti permette un notevole risparmio di tempo e altrettanta icasticità nella composizione della scena reale, sia perché le variabili si riducono drasticamente, sia perché la configurazione così individuata mantiene verificate, automaticamente ed implicitamente, un certo numero di regole. Infatti se, ad esempio, si identificano otto punti in un elemento, le variabili scendono da 24 (8 [punti] moltiplicato 3 [coordinate]) a sole sette (tx, ty, tz, sx, sy, sz, rotz); inoltre segmenti verticali ed orizzontali, angoli retti e punti complanari rimangono tali nelle trasformazioni.
In sostanza, se gli otto punti definiscono inizialmente un cubo, questo potrà traslare nello spazio cartesiano, modificarsi fino a divenire un prisma e ruotare attorno ad un asse verticale, ma non potrà mai deformarsi fino ad assumere la forma di un tronco di piramide o di un solido irregolare.
Ciò non toglie che segmenti aventi un estremo appartenente ad un elemento e l'altro estremo libero (o facente parte di un altro elemento), possano variare liberamente e passare da orizzontali a inclinati o viceversa. Questa definizione è pertanto utile se (e solo se) l'elemento così individuato mantiene inalterate le sue caratteristiche essenziali, pur potendo assumere posizioni e dimensioni diverse da quelle iniziali.

Ad ogni regola è possibile associare un relativo peso che definisce l'importanza della regola stessa nell'economia di tutto l'insieme. Può infatti accadere, nello svolgersi della ricerca, di rendersi conto che una regola sia più di danno che di beneficio, oppure che aumentando il peso di una regola rispetto alle altre si costringano alcuni punti ribelli a trovare una loro corretta collocazione spaziale.
Inoltre, come si è già visto, ogni regola può essere combinata con altre: ad esempio per imporre che una data figura geometrica sia nella realtà un cerchio orizzontale basterà porre uguali tra loro le distanze di ogni punto della figura da un centro (anche non rappresentato in prospettiva) e porre i punti come complanari ed orizzontali.

Da quanto visto è evidente che alcune di queste regole sono ridondanti: ad esempio, se un segmento è imposto verticale ed un altro orizzontale è ovvio anche che l'angolo sotteso sarà retto. Si è scelto di proporre tutte, o quasi, le possibilità per dar modo di rendere più conciso e mirato l'insieme di regole associate ad un modello ricostruttivo.
In ultima analisi l'insieme delle regole descrive in modo esaustivo geometricamente e topologicamente gli oggetti rappresentati in prospettiva. Se le regole sono corrette, non contraddittorie ed in numero sufficiente per potersi collegare in un continuum complessivo, permetteranno di trovare un punto di proiezione ed un modello reale che, posto in prospettiva con il metodo prescelto, dia come risultato la prospettiva di partenza.

LO SVOLGERSI DEL PROGRAMMA
In dettaglio lo svolgersi delle azioni è il seguente:

Una volta imposti o trovati questi valori sarà possibile eseguire la prospettiva e trovare perciò un modello prospettico simile alla prospettiva di partenza: se si riuscirà a farlo coincidere con quest'ultimo e saranno verificate le regole, il modello reale sarà senz'altro simile (diverso per un fattore di scala) alla realtà utilizzata dall'artista.

Per ottenere tale risultato si attiva un algoritmo "pseudo-stocastico" che consta delle seguenti fasi:

A) Le coordinate di partenza che definiscono il modello ricostruttivo tridimensionale vengono incrementate, indipendentemente le une dalle altre, delle quantità dxi, dyi, dzi, con i variabile da 1 ad N (N rappresenta il numero di punti del modello reale, compresi i punti di servizio come ad esempio i centri dei cerchi o delle sfere o i punti che definiscono l'asse di un cilindro: punti che, pur non avendo un loro omologo nella prospettiva, sono comunque utili nella fase di controllo delle regole). Nel caso siano presenti elementi spaziali congruenti, questi vengono deformati in funzione dei sette parametri tx, ty, tz, sx, sy, sz, rotz.
B) Vengono verificate tutte le regole alla luce dei cambiamenti apportati alle coordinate: viene trovato uno scarto quadratico medio che definisce la differenza tra il modello ideale, proposto dalle regole, e quello reale, precedentemente trovato al punto A.
C) Il punto di osservazione ed eventualmente il centro della sfera o del cilindro e il suo raggio vengono incrementati anch'essi delle quantità dx, dy, dz, dr (evidentemente gli incrementi, come anche quelli del punto A, possono essere sia positivi che negativi).
D) Viene eseguita la trasformazione prospettica e viene trovato lo scarto tra ogni punto di controllo (esclusi i punti di servizio) del modello prospettico ottenuto e il suo omologo della prospettiva data. Anche in questo caso viene definito uno scarto quadratico medio che identifica, mediante un unico numero, la differenza esistente tra la prospettiva ottenuta e quella reale.
E) Viene iterato tutto il procedimento dal passo A, con opportuni algoritmi che controllano gli incrementi da apportare al fine di minimizzare gli scarti.

Da notare che per ogni iterazione viene presa in considerazione, e conseguentemente variata, una sola variabile (sia una coordinata che un parametro di traslazione, scalatura o rotazione), e che vengono quindi calcolate nuovamente solo le regole e le trasformazioni prospettiche che coinvolgono quel punto o quell'elemento.

CONCLUSIONI
Il programma EUCLID è in grado di effettuare la restituzione prospettica per qualsiasi tipo di prospettiva a centro di proiezione unico, a quadro piano o curvo, proiettata su sfere o cilindri, solida o scenografica, purché contenente solidi o figure piane geometricamente riconoscibili.

Il metodo proposto è vicino a quello tradizionale: la differenza sostanziale consiste nel fatto che, mentre per via grafica si è costretti a definire fin dall'inizio gli elementi dell'orientamento interno ed esterno della prospettiva e restituirla in funzione di questi, nel nostro caso questi parametri rimangono variabili e vengono costantemente aggiornati affinché tutte le condizioni poste siano valide, compresa ovviamente la coincidenza della prospettiva data con quella prodotta.

Il programma si basa dunque sulla continua verifica di leggi o regole compositive imposte ad un modello tridimensionale in costante deformazione. Se e quando tutte le norme sono rispettate (a meno di uno scarto quadratico medio accettabile per l'utente), il modello reale così trovato rappresenterà la restituzione della prospettiva data.

Bibliografia

[1] A.A. V.V., Illusione e realtà. Problemi della percezione visiva, Le Scienze, Milano 1978.
[2] E.H. Gombrich, Illusioni e paradossi del vedere da A cavallo di un manico di scopa, Einaudi, Milano 1971.
[3] M. Luckiesh, Visual illusions. Their causes, characteristics & applications, Dover, London 1922.
[4] G. Fano, Correzioni ed illusioni ottiche in architettura, Dedalo, Bari 1979.
[5] J. Baltrusaitis, Anamorfosi o magia artificiale degli effetti meravigliosi, Adelphi, Milano 1978.
[6] G. Fano, La restituzione prospettica da prospettiva razionale, Dedalo, Bari 1979.
[7] C. Chiesa, Prospettiva, Hoepli, Milano 1975.
[8] G. Ciucci, Rappresentazione dello spazio e spazio della rappresentazione, da Rassegna N. 9, C.I.P.I.A., Milano 1982.
[9] R. Greene, Determining the preferred viewpoint in linear perspective, in Leonardo, Pergamon Press, London 1983, vol. XVI n. 2.
[10] R.V. Cole, Perspective for artists, The practice & theory of perspective as applied to pictures with a section dealing with its applications to architecture, Dover, London 1921.
[11] R. Masiero, F. Prampolini, C. Trevisan, Rilievo fotogrammetrico ed elaborazione numerica della volta del coro, da Il Palazzo dell'Università di Genova, Università degli Studi di Genova, Genova 1987.
[12] R. Masiero, F. Prampolini, C. Trevisan, Algoritmi per lo studio della prospettiva curva: rilievo architettonico e computer graphics, in Computer graphics e CAD per l'architettura e il territorio, Jackson, Milano 1988.
[13] G. Loria, Storia della geometria proiettiva dalle origini ai giorni nostri, Milano 1932.
[14] D. Gioseffi, Prospettiva, in Enciclopedia Universale dell'Arte, Sadea, Firenze 1971, vol. XI.
[15] E. Robbiani, La verifica costruttiva del finto coro di Santa Maria presso San Satiro a Milano, in La Prospettiva Rinascimentale Codificazioni e trasgressioni, Centro DI, Firenze 1980.

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