|
Studio sulla prospettiva pompeiana e messa a punto di un programma in grado di restituire prospettive di vario tipo. Camillo Trevisan trevisan@iuav.it
Viene qui illustrato e commentato il metodo
proposto da Erwin Panofsky per la costruzione delle "pseudo-prospettive"
pompeiane del Secondo e Quarto stile. |
La prospettiva
degli encausti pompeiani
L'intero documento nel formato Adobe
Acrobat PDF (520 kB).
|
Erwin Panofsky
nel suo saggio del 1927 Die Perspektive als "symbolische Form", propone
un metodo di rappresentazione secondo la prospettiva angolare degli Antichi.
Per una disamina complessiva del metodo, si veda anche: Nella pagina Internet http://www.iuav.it/dpa/ricerche/trevisan/panofsky/panofsky.htm è disponibile un programma freeware per la generazione di rappresentazioni eseguite seguendo il metodo proposto dal Panofsky. |
Costruzione
di una scatola spaziale secondo la prospettiva angolare
degli Antichi proposta dal Panofsky (E. Panofsky, La prospettiva...,
op. cit., p. 46, fig. 5). Da questa immagine si può dedurre che il
Panofsky considera la proiezione come ortografica. |
Assonometria
della configurazione proiettiva proposta dal Panofsky. Il punto P è prima
proiettato ortogonalmente sul piano verticale (P1) e su quello
orizzontale (P2). Dal centro di proiezione O, le rette per P1
e P2 individuano i punti P1’ e P2’.
Le distanze dei due punti dall’asse costituiranno le coordinate Y e X
del punto rappresentato in ortoproiezione.
la prima osservazione che si impone riguarda l’utilizzo di due sezioni - l’orizzontale, planimetrica, e la mediana, verticale - sulle quali, in un primo momento, sono proiettati i punti dell’oggetto. La rappresentazione di un punto viene pertanto tradotta da problema tridimensionale a bidimensionale, esattamente come avviene nella costruzione legittima del Brunelleschi, ma sostituendo un arco di cerchio alle tracce rettilinee del piano di rappresentazione. Arco di cerchio che, per mantenere la coerenza della configurazione proiettiva, deve necessariamente rappresentare la traccia di una superficie cilindrica perpendicolare al piano. Tuttavia, al contrario dell’uso di un piano, i due cerchi di proiezione introducono un fattore di inconsistenza nella configurazione proiettiva e di discontinuità metodologica. Infatti, la ricostruzione tridimensionale della configurazione proiettiva (vedi figura successiva) comporta appunto l’uso di due superfici cilindriche e non di una sfera o di una qualunque altra, unica, superficie. Nella pratica, dunque, si utilizzano i due cerchi perché i punti degli oggetti sono stati prima proiettati sui due piani: l’orizzontale per la pianta e il verticale per l’alzato. |
Volendo quindi operare nelle tre dimensioni - e il citare la sfera[1] comporta questa necessità -, i due cerchi devono fare riferimento a due cilindri, di raggio uguale, disposti a crociera, aventi gli assi perpendicolari tra loro e paralleli al Quadro definitivo della rappresentazione piana e che si intersecano nel Centro di Proiezione (ex centro della sfera). La coordinata planimetrica dei punti rappresentati sarà determinata dall’intersezione dei raggi visuali con il cilindro verticale (definito dall’estrusione del cerchio orizzontale della pianta), mentre l’altezza dei punti sul Quadro sarà ricavata per mezzo del cilindro orizzontale (e quindi dal cerchio verticale della sua sezione). In altre parole, dato un oggetto tridimensionale da porre in “prospettiva” ed una crociera formata dai due cilindri appena considerati, l’intersezione dei raggi visuali con i cilindri genera di norma non uno ma due punti (vale a dire sei coordinate). Le due coordinate del punto in “prospettiva” (sul Quadro piano) sono ricavate, con modalità definite più avanti, l’una dalla prima tripletta, l’altra dalla seconda. |
Tale operazione permette, come
logica conseguenza, di mantenere rettilinei i segmenti dell’oggetto
paralleli al Quadro, supponendo quest’ultimo perpendicolare all’asse
principale della “crociera”. Infatti, proiettare inizialmente i punti
sui due piani (l’orizzontale ed il verticale), comporta l’annullamento
delle deformazioni tipiche delle prospettive sferiche o cilindriche (vedi
le figure della sezione successiva). Ed è l’uso dei due cerchi (non
riferiti, però, ad una sfera) che produce l’andamento a spina di
pesce rilevato dal Panofsky. La costruzione, infatti, può lontanamente fare riferimento alla sfera, e ritenersi congruente, solo per i punti dell’oggetto che appartengono ai due piani, l’uno orizzontale e l’altro verticale, perpendicolari al Quadro e contenenti il Centro di Proiezione (ad esempio, il cerchio 1: cerchio massimo verticale della sfera). Le rette proiettanti di tutti gli altri punti, infatti, intersecherebbero la sfera in un punto diverso, non appartenente a quei piani, e corrispondente, perciò, ad un cerchio di raggio più piccolo di quello della sfera stessa (cerchio 2). Per ciascun punto dell’oggetto, dunque, si dovrebbero adottare due cerchi proiettanti di raggio sempre diverso; ottenendo, infine, una prospettiva sferica ortografica. |
Tornando al significato da attribuire alla sibillina frase del Panofsky, va notato che non è affatto chiaro cosa egli intenda per svolgimento del cerchio attraverso il riporto della corda sottesa (e non dell’arco); anche perché sussiste una grande differenza tra il riporto, sul Quadro, di uno o di due punti, vale a dire di un segmento. Il riporto su di un piano di un segmento - corda o arco rettificato che sia - comporta, evidentemente, la definizione di un’origine alla quale tutto deve fare riferimento. L’origine più ovvia, ma anche forse l’unica corretta e coerente, è quella generata dall’asse principale (il punto O’). Nel caso si voglia riportare un intero segmento - a parte il caso di corde perpendicolari all’asse OO’ - il metodo risulta non congruente: volendo, infatti, riportare le corde AC e BC sul Quadro piano, si dovranno misurare le lunghezze AD, DC, BE, EC e riportarle facendo riferimento ad O’. |
In tal modo, però, il punto C viene ad assumere due diverse posizioni, essendo diversi i segmenti DC ed EC. Si ottiene pertanto un risultato assolutamente imprevedibile - non essendo riproducibile con coerenza - al variare della giacitura del segmento da mettere in prospettiva sul Quadro. In altre parole, riprendendo l’esempio della figura, i tre segmenti AC, BC e AB non possono essere rappresentati seguendo quest’ultimo metodo: se, ad esempio, i soli punti A e B possono esserlo, se riferiti a O’, non sarà così per il punto C, se riferito ad A o B, poiché assumerà due diverse posizioni sul Quadro. |
Anche
nel caso in cui le corde non intersechino l’asse OO’ (fig. 4c), il
riporto delle lunghezze non conduce a risultati accettabili: infatti le
somme delle corde O’A+AC e O’B+BC sono diverse ed anche in questo caso
il punto C verrebbe ad assumere due differenti posizioni nel piano
definitivo della rappresentazione. Dunque, in nessun caso (e tanto meno per segmenti non paralleli ai piani dei due cerchi di proiezione) la proiezione potrà risultare coerente ed univoca. L’unica modalità utilizzabile per riportare o svolgere la corda sul piano di rappresentazione è pertanto quella di far riferimento ad un solo punto ed una sola origine. |
Ma,
stabilita la necessità dell’origine, esistono varie altre possibilità
di passaggio dal cerchio al piano. Dato un punto reale da rappresentare
(dopo averlo proiettato sul piano orizzontale e verticale), questo genererà
la sua proiezione P’ sul cerchio planimetrico o altimetrico: mentre la
prospettiva piana è rappresentata da P5, altre soluzioni possono essere
P1, P2, P3 o P4. Tali punti fanno riferimento alle seguenti modalità: |
Analisi dei tipi di proiezione considerati e confronto sinottico. |
Visitatori dal 02/05/2000
|
|
Homepage Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV) |
|